Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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A.O.R.

H-I

DARYL HALL - SACRED SONGS (1977/1980)

Rupert Holmes e gli Sparks (Big Beat), Frank Zappa e i Grand Funk Railroad (Good Singin’ Good Playin’), Todd Rundgren e gli XTC (Skylarking), Burt Bacharach ed Elvis Costello (Painted From Memory): apparentemente improbabili, questi incontri al vertice hanno sortito effetti straordinari sulla musica creata, e quello in oggetto è un altro caso esemplare. Prodotto da Robert Fripp, il primo album inciso da Daryl Hall senza il partner John Oates “consacra” le scomode affinità culturali tra A.O.R. e progressive, abolendo una segregazione stilistica cui molti artisti erano soggetti da anni. L’incontro tra l’alfiere del “Blue Eyed Soul” e il grande vecchio dell’underground inglese ebbe luogo nell’Agosto del 1977, ma per scelta di qualche cocainomane della RCA la pubblicazione dei nastri rimase congelata fino al 1980: la ristampa Buddha contiene una scrupolosa cronaca del misfatto e una lucida testimonianza firmata dallo stesso Fripp. Il chitarrista aveva appena preso parte alle sedute berlinesi di Heroes e la sua Gibson, forgiata dalle estenuanti improvvisazioni con i King Crimson e dagli esperimenti timbrici alla corte di Bowie, era satura di un’energia compressa e pronta a deflagrare. In vista di concerti e sedute in studio (Livetime; Along The Red Ledge), Hall & Oates avevano reclutato la ex-band di Elton John - Roger Pope (batteria), Kenny Passarelli (basso), Caleb Quaye (chitarra) - impiegata anche qui. Al professionismo di quella magnifica sezione ritmica, Fripp opponeva un controcanto eterodosso e imprevedibile, versando acido corrosivo sulle immacolate melodie di Hall. Le idee migliori arrivano da Something In 4/4 Time - sferzante critica all’ottusità dei burocrati A&R - e Don’t Leave Me Alone With Her - omonima di una bellissima canzone degli Sparks (Propaganda): passo frenetico ed echi metropolitani provocarono una frettolosa assimilazione giornalistica al fenomeno “new wave”, nonostante gli assoli di Fripp tracciassero un solco invalicabile per i dilettanti del CBGB. Sacred Songs è un dinamico rock‘n’roll galvanizzato dal sax di Charlie DeChant. Il resto del materiale illustra la versatilità espressiva di Daryl Hall, passando attraverso interpretazioni intense (Babs And Babs; Survive), passionali (Why Was It So Easy), convulse (NYCNY), per finire con Without Tears, elegia pianistica che richiama capolavori analoghi come Laughing Boy (Abandoned Luncheonette) e August Day (Along The Red Ledge). [P.S. - Il CD Buddha contiene due “bonus” tratti dal disco di Robert Fripp Exposure (Burn Me Up I’m A Sigarette; North Star), entrambi cantati da Daryl. Sul secondo brano - stupendo - suonano anche Phil Collins e Brian Eno.] - B.A.


DARYL HALL - SOUL ALONE (1993)

Il merito principale di questo disco è quello di confermare la fine del periodo buio che aveva deturpato quasi tutta la produzione degli anni Ottanta. La versione di When Did You Stop Loving Me, When Did I Stop Loving You vale l'acquisto del CD e suggerisce il recupero di un controverso doppio album di Marvin Gaye, il dimenticato Here, My Dear. A questa cover si aggiungono due capolavori nati dalla proficua collaborazione con Alan Gorrie, I'm In A Philly Mood e Wildfire. - B.A.


DARYL HALL - CAN’T STOP DREAMING (1997)

DARYL HALL / JOHN OATES - PAST TIMES BEHIND (1969/1972)

DARYL HALL / JOHN OATES - WHOLE OATS (1972)


DARYL HALL / JOHN OATES - ABANDONED LUNCHEONETTE (1973) FOREVER YOUNG

Il secondo album di Hall & Oates conferma le doti della coppia, già emerse nel disco d’esordio, e la loro capacità di confezionare un pop-rock levigato e venato di influenze soul che in seguito diverranno sempre più marcate. Ma con questo lavoro cominciano a delinearsi anche le caratteristiche che faranno la differenza con la maggior parte degli artisti affermati all’epoca: il talento melodico e la combinazione magica di due voci straordinarie. Prodotto da Arif Mardin, Abandoned Luncheonette si apre con tre pezzi ancora profumati di folk, ma già trasfigurati dall’abilità vocale del duo (When the Morning Comes; Had I Known You Better; Las Vegas Turnaround). La prova che il loro antico retaggio musicale sta per essere superato è She’s Gone, splendido affresco sulla fine di una storia e manifesto dell’estetica 'Blue Eyed Soul'. Il singolo salì in classifica solo due anni dopo, ripubblicato sull’onda del successo di Sara Smile. Abituato a stare in secondo piano rispetto alla voce e alla personalità di Daryl Hall, John Oates si mette in luce con un gioiello che porta la sua firma, I’m Just A Kid (Don’t Make Me Feel Like A Man), per cui non ci sono parole sufficienti: possiamo solo invitarvi ad approfondirne l’ascolto rimandandovi alla bellissima versione contenuta nel disco dal vivo del 1978 (Livetime) e segnalandovi un brano “gemello” presente su Beauty On A Back Street, l’onirica The Girl Who Used To Be. La title-track è un riuscito mélange di Beatles, jazz e nostalgia, una canzone davvero fuori dagli schemi; Lady Rain è una grintosa ballata caratterizzata dalle chitarre ritmiche e da un’inconsueta fuga strumentale; Laughing Boy è il toccante bozzetto pianistico di Daryl Hall che negli album degli anni Settanta non mancava mai, ed era questo uno dei motivi per cui i loro capolavori appartengono tutti a questo periodo. - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - WAR BABIES (1974)


DARYL HALL / JOHN OATES - NO GOODBYES (1977)

Antologia del periodo Atlantic (1972/1974). I raffinati arrangiamenti orchestrali di Arif Mardin, le vibranti interpretazioni di Daryl Hall e la freschezza melodica dei tre brani inediti (It’s Uncanny; I Want To Know You For A Long Time; Love You Like A Brother) sintetizzano in modo esemplare le peculiarità stilistiche del “Blue Eyed Soul”, rivelando al neofita la caratura artistica di Hall & Oates - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - DARYL HALL / JOHN OATES (1975)


DARYL HALL / JOHN OATES - BIGGER THAN BOTH OF US (1976) FOREVER YOUNG

Se è vero che Arif Mardin riusciva a tirar fuori il meglio dai suoi artisti senza prevaricarli, la prorompente personalità del produttore Christopher Bond ha praticamente trasformato il sound di Hall & Oates nel marchio di fabbrica del “Blue Eyed Soul”. Bond fu l’artefice di una ricetta che amalgamando la potenza del rock e la sensualità del soul ha dato vita alla splendida trilogia 1975/1977 (Daryl Hall / John Oates; Bigger Than Both Of Us; Beauty On A Back Street). La proverbiale intesa delle due voci (Voices e H2O non saranno titoli scelti a caso), il piano elettrico di Daryl, l’intreccio fra le chitarre di Oates (ritmica) e di Bond (solista), la batteria di Ed Greene e il puntuale contributo di qualche specialista fanno da cornice ad alcuni classici della coppia. “... remember '65 / the kids are all grown up / but their records are still alive ...” - Così canta John Oates su Back Together Again, brano di apertura dall’inequivocabile atmosfera “philly”. Con Rich Girl - capricci e miserie umane di una “figlia di papà” che gioca con i sentimenti altrui - i due assaporarono per la prima volta l’ebbrezza di un n°1 in classifica: “... you can rely on the old man’s money ... high and dry / out of the rain / it's so easy / to hurt others when you can't feel pain ...”. Fu ripresa anche da Nina Simone (Baltimore)! Oates è ancora protagonista con Crazy Eyes, altra prova del suo sicuro talento di autore, che dopo gli anni Settanta si è un po’ appannato. Do What You Want, Be What You Are è un’esortazione a seguire l’istinto e a lasciarsi andare, resa irresistibile da un’interpretazione da brivido: in assoluto, una delle gemme più preziose di Daryl Hall. Il ritonello di Kerry è efficace almeno quanto il suo gioco di parole (Kerry-carry on-carried away). - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - BEAUTY ON A BACK STREET (1977) FOREVER YOUNG

Cari Daryl e John, vogliamo ringraziarvi per questo album che ci ha protetto dal nichilismo punk, dalla lobotomia radiofonica e dal vile adescamento della “stampa specializzata”. A un passo dal baratro dell’omologazione in cui il rock sarebbe presto precipitato, Beauty On A Back Street dettò le regole di un nuovo genere, all’epoca sconfitto dalla censura, ma ormai clamorosamente riabilitato dalla storia: con una somministrazione controllata di 'philly sound' e una cura estrema degli arrangiamenti (l’opposto della sciatteria spacciata per spontaneità), il produttore/chitarrista Christopher Bond rifinì lo stile di Hall & Oates, creando l’archetipo lessicale dell’A.O.R. - Persino una rivista faziosa e reazionaria come RockStar, compilando una classifica di canzoni da salvare, non ha potuto escludere Why Do Lovers Break Each Other’s Heart?, gioiello accanto a cui brillano anche Don’t Change, Bigger Than Both Of Us, You Must Be Good For Something e Winged Bull, prove schiaccianti del talento di Daryl Hall come interprete e innovatore del linguaggio pop. Gli stessi contributi di John Oates sono eccezionali: The Emptyness e Love Hurts (Love Heals) derivano dalle forme più evolute del soul anni '70; The Girl Who Used To Be - colonna sonora ideale per un sogno - svanisce tra voci impalpabili che, come fantasmi, danzano attorno all’arpeggio della Stratocaster. La presenza fissa di Jeff Porcaro contribuisce in misura determinante al successo del disco. Che nostalgia! - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - LIVETIME (1978)


DARYL HALL / JOHN OATES - ALONG THE RED LEDGE (1978)

La discografia di Hall & Oates annovera ben due album di transizione, addirittura consecutivi: Along The Red Ledge e X-Static. Se il secondo era un’evidente sperimentazione (peraltro riuscitissima) con le atmosfere e i monotoni ritmi della “disco”, il primo costituisce l’anello mancante tra le intuizioni soul applicate sotto la regia di Christopher Bond (Bigger Than Both Of Us; Beauty On A Back Street) e le stringate produzioni dei primi anni Ottanta (Voices; Private Eyes; H2O). Alla fenomenale ex-band di Elton John (Kenny Passarelli - basso; Roger Pope - batteria; Caleb Quaye - chitarra), appena convocata dalla coppia, si aggiunsero alcune celebrità di passaggio (Robert Fripp, Todd Rundgren, George Harrison, Jay Graydon etc.). David Foster fu incaricato di dirigere le operazioni. Un’estrema diversificazione stilistica determina l’assoluta originalità di canzoni che hanno contrassegnato indelebilmente il suono del decennio. It’s A Laugh e Melody For A Memory, cucite insieme da un missaggio indovinatissimo, sono le due facce del progetto Hall & Oates: melodico e sofisticato Daryl, sensuale e sanguigno John. Questo efficace antagonismo musicale risulta ancor più evidente confrontando il pop radiofonico di I Don’t Want To Lose You (Hall) e il penetrante riff elettrico di Serious Music (Oates). Il forsennato istrionismo interpretativo di Daryl, che imperversa su tutto l’album, incendia il duello voce-chitarra sulla meravigliosa Have I Been Away Too Long. Non manca il finale a sorpresa: August Day, ispirato acquerello pianistico, impreziosito da un incredibile assolo di armonica a bocca. - B.A.

Incatalogabile per scelta, Along The Red Ledge si avvicina ai maturi risultati di certi cantautori, come Marc Jordan o Dane Donohue. La spinta propulsiva di Hall & Oates coinvolse anche Robert Fripp, con il quale Daryl stava lavorando da tempo (Sacred Songs). La produzione di David Foster assicurò compattezza e una virgola di fantasia leggera. Mascherati da neri, ma senza perdere una sola goccia del loro sangue bianco, già da tempo Hall & Oates scrivevano un soul-pop di inattaccabile freschezza. Erano autori istintivi, geniali, e sapevano come sintetizzare le tante strade a disposizione. Solo loro avevano la forza commerciale, ma anche l’indipendenza operativa, per chiudere un disco con la straordinaria interferenza ritmicadi August Day. E Have I Been Away Too Long ancora oggi non avrebbe prezzo a nessuna asta. - Enrico Sisti


DARYL HALL / JOHN OATES - X-STATIC (1979)


DARYL HALL / JOHN OATES - VOICES (1980) FOREVER YOUNG

Siete cresciuti negli anni Ottanta? Non è colpa nostra. Ma se desiderate riscattarvi, siamo in grado di proporre una cura efficace, persino piacevole, consistente nel pescare - e custodire - le rarissime perle disperse in quel mare di merda. Daryl Hall e John Oates si affacciano al decennio infame dopo un album interessante ma incompiuto (X-Static) in cui, accanto ad alcune canzoni splendide (Wait For Me, Number One, Woman Comes And Goes, All You Want Is Heaven), sfigurava il goffo tentativo di assecondare la fregola “disco”. Assunto il controllo della regia, i due assemblano una band coesa e pronta a recepire le idee più ispirate [G.E. Smith (chitarra); John Siegler (basso); Jerry Marotta (batteria)]. La svolta espressiva produce arrangiamenti concisi ma non spogli, in linea coi tempi ma non con le mode, caratterizzati da un perfetto “blend” di piano elettrico, chitarre distorte e armonie vocali, a compimento di una sublime, definitiva sintesi pop-rock-soul. Hard To Be In Love With You, Kiss On My List, You Make My Dreams sono tre mega-successi da autoradio in cui linea melodica infallibile e confezione superlativa dimostrano che l’arte può vendere. Chi conosca solo la cover di Paul Young, scoprirà con stupore la meravigliosa versione originale di Everytime You Go Away, chiedendosi perché non l’abbia mai ascoltata prima: all’epoca, gli “addetti ai lavori” decisero al posto vostro. All’atmosfera “happy days” di Gotta Lotta Nerve (Perfect Perfect) e Diddy Doo Wop (I Hear The Voices) fa da contrappeso il clima metropolitano di Big Kids, a sua volta stilisticamente riconducibile al sofferto, stupendo Sacred Songs. Con una spettacolare, maestosa interpretazione di You’ve Lost That Loving Feeling, Hall & Oates consegnano all’eternità il manifesto dei Righteous Brothers, aggiornando in chiave A.O.R. il muro del suono di Phil Spector e la magica penna di Barry Mann e Cynthia Weil. - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - PRIVATE EYES (1981)

DARYL HALL / JOHN OATES - ROCK NSOUL PART 1 (1983)

DARYL HALL / JOHN OATES - H2O (1982)


DARYL HALL / JOHN OATES - CHANGE OF SEASON (1990)

La stagione creativa della coppia si è conclusa da tempo, ma su questo disco i due riescono ancora a mettere a segno qualche colpo, inaugurando una rinascita artistica su cui, all'epoca della pubblicazione, nessuno avrebbe scommesso una lira. - B.A.


DARYL HALL / JOHN OATES - MARIGOLD SKY (1997)

DARYL HALL / JOHN OATES - DO IT FOR LOVE (2003)

DARYL HALL / JOHN OATES - OUR KIND OF SOUL (2005)


RICHARD HARRIS - A TRAMP SHINING (1968) FOREVER YOUNG

Per chi scrive si tratta del più grande album (non strumentale) di tutti i tempi. Certo, ci sono i dischi dei Beatles, ed è sconsolante che una valutazione del genere venga espressa per un’incisione di quarant’anni fa, ma provate ad ascoltarlo. La creatività melodica dilagante del giovanissimo Jimmy Webb, la sentita partecipazione di Richard Harris al progetto, la commovente profondità delle parole più toccanti (Lovers Such As I) e la potenza evocativa di quelle più ermetiche (MacArthur Park). Una serie di circostanze concomitanti favorevoli e, forse, irripetibili. Un figlio anomalo del '68, compositore anticonvenzionale apprezzato anche da Sinatra. L’amicizia con un maturo e straordinario attore irlandese, incidentalmente divenuto una star di Hollywood, dotato di una delle più belle voci del pianeta. Un singolo che fece epoca per la lunghezza (più di 7 minuti) e per l’enorme successo conquistato dopo diversi rifiuti da parte di artisti e compagnie discografiche. Per capire meglio le ragioni della sublime intesa tra l’autore e il cantante possono essere utili le parole di Webb, che racconta di quando sottopose per la prima volta lo spartito di MacArthur Park a Harris: «It was just an instantaneous thing with him, he loved it. [...] Once I heard him having a go at it I realised that there was a certain magic with his oratorical and acting skills and, if you will, my pretentious, presumptuous, grandiose lyric [...]». Le tradizionali doti drammatiche di chi è avvezzo a recitare Shakespeare risaltano particolarmente nella versione definitiva e ineguagliata di Paper Chase, che anni dopo fu brillantemente ripresa anche da Garfunkel (Watermark). Le sofferte interpretazioni di Harris sono dovute anche alle orchestrazioni pre-registrate da Webb a Los Angeles, appena più alte della tonalità di Richard, che per questo dovette forzare un poco la voce, donando però una sconvolgente intensità emotiva a tutto il disco. Didn’t We, Name Of My Sorrow, In The Final Hours, Dancing Girl, A Tramp Shining ... un godimento continuo. If You Must Leave My Life sembra firmata da Bacharach: senza volerlo cantiamo a squarciagola insieme a Harris. Alla fine abbiamo gli occhi lucidi, ma siamo pronti a ricominciare. - B.A.


RICHARD HARRIS - THE YARD WENT ON FOREVER (1969)


RICHARD HARRIS - THE WEBB SESSIONS 1968-1969 (1968/1969)

Intelligente iniziativa discografica dell’etichetta australiana Raven, che racchiude in un solo CD i due album di Harris scritti e prodotti da Jimmy Webb (A Tramp Shining; The Yard Went On Forever). Ulteriori motivi di interesse: 1) un ricordo personale di Webb a proposito della genesi di MacArthur Park; 2) One Of The Nicer Things, piccola gemma che nel 1969 fu pubblicata solo su singolo. - B.A.


RICHARD HARRIS - MY BOY (1971)

RICHARD HARRIS - SLIDES (1972)

GORDON HASKELL - BUTTERFLY IN CHINA (1996)

GORDON HASKELL - ALL IN THE SCHEME OF THINGS (1999)

GORDON HASKELL - HARRY’S BAR (2002)

GORDON HASKELL - SHADOWS ON THE WALL (2002)

GORDON HASKELL - THE LADY WANTS TO KNOW (2004)


AMY HOLLAND - AMY HOLLAND (1980)

Voi, povere creature infelici, sfruttate da bottegai disonesti, irrise da giornalisti boriosi, intontite da MTV e Radio DeeJay, se durante la vostra travagliata esistenza avete provato sollievo ascoltando quei pochi LP che sfuggivano all’arcigna censura di Ciao 2001 e Rockstar, tenete duro: c’è ancora un esile filo cui legare le vostre speranze di riscatto. Un’encomiabile ristampa CD ha riportato alla luce il primo album di Amy Holland, un tesoro nascosto che non deluderà gli intenditori più esigenti. Benché impegnato a registrare One Step Closer con i Doobie Brothers, Michael McDonald svolse il compito di produttore con il trasporto di un marito devoto, arrangiando il disco, suonando il piano e firmando anche qualche inedito. A sua volta, Amy dimostrò un gusto ineccepibile nella scelta degli autori. Con il contributo di specialisti come Mike Baird (batteria) e Patrick Henderson (tastiere) non fu difficile rifinire le preziose creazioni di Paul Bliss (How Do I Survive?), Tim Moore (Strenghten My Love), Dan Fogelberg (Stars), Stevie Wonder (I’m Wondering). A tanta opulenza vanno aggiunte Don’t Kid Yourself e Show Me The Way Home, due belle canzoni scritte in famiglia, e Here In The Light, straordinario 'doppione' del capolavoro Open Your Eyes (Minute By Minute), trainato dalla stessa incalzante andatura. - B.A.


AMY HOLLAND - ON YOUR EVERY WORD (1983) FOREVER YOUNG

Voce incantevole. Bella presenza. Un marito innamorato che produce il disco. Tutto già visto. Ma “il marito” è Michael McDonald. Una piccola legione di ribelli rock accorre per rendere omaggio alla consorte del principe: i Pages (You And I), Lauren Wood (Hurts A Little Bit), Ed Sanford (Rollin’ By), Paul Bliss (Anytime You Want Me). Il vortice di passioni che avviluppa i brani è travolgente, ma non riesce a scardinare i tamburi di Mike Baird e Jeff Porcaro, solidi e precisi come sempre. Un dolore intollerabile degenera in fuga dalla realtà su Shake Me, Wake Me (When It’s Over), classico di Holland-Dozier-Holland nascosto nel forziere dei Four Tops, magistralmente arrangiato da McDonald, con la brillante chitarra R&B di Robert Akers Terry in primo piano. Firmata dalla coppia, (I Hang) On Your Every Word è stata interpretata anche da Michael, nell’album del 1985 (No Lookin’ Back), ma il tocco femminile di questa versione vale almeno mezzo punto in più. Quando l’ispirazione si coniuga con la classe, anche la “musica leggera” diventa arte: è il caso del duetto tra Amy e David Pack - I Still Run To You - forse la più bella canzone del 1983. Se non fosse così raro, questo CD potrebbe aiutare i consumatori di musica italiana a uscire dal tunnel. - B.A.


RUPERT HOLMES - WIDESCREEN (1974)

RUPERT HOLMES - RUPERT HOLMES (1975)

RUPERT HOLMES - SINGLES (1976)

RUPERT HOLMES - PURSUIT OF HAPPINESS (1978)


RUPERT HOLMES - PARTNERS IN CRIME (1979) FOREVER YOUNG

Uno dei massimi autori degli anni '70, ma non ha ottenuto i riconoscimenti che meritava. La sua vicenda professionale conferma l’opinione di Woody Allen, secondo cui il valore di un’opera d’arte è inversamente proporzionale al successo riscosso. Più sofisticato di Barry Manilow, meno beatlesiano di Stephen Bishop, il suo stile, sebbene decisamente poliedrico, si ispira al musical di Broadway piuttosto che a qualsiasi altro sub-genere derivato dal rock. Pressochè privo di un’immagine alla moda (si osservino le copertine di Adventure e Pursuit Of Happiness), egli è rimasto un artista di culto per intenditori e appassionati. Il suo aspetto da “persona normale” tuttavia, non ha impedito che nomi del calibro di Barbra Streisand, Dionne Warwick, Manhattan Transfer, Sparks, John Miles, Frank Sinatra Jr. si avvalessero del suo prezioso contributo o pescassero nel suo eccezionale repertorio: proprio grazie al suo apprezzato lavoro di produttore e compositore (anche teatrale), Holmes è riuscito a operare nel mondo della musica dalla fine degli anni '60 ad oggi. Aldilà delle tendenze e oltre l’effimero, restano le sue canzoni: immacolati modelli di sintesi tra parole, musica e arrangiamento, ideali per illustrare a un ascoltatore la differenza tra prodotti di consumo e pop-song di classe. Tutti i suoi album sono stupendi, ma dal 1978 al 1981 Rupert ha azzeccato un poker di capolavori davvero inconsueti per il mondo della “musica leggera” (Pursuit Of Happiness; Partners In Crime; Adventure; Full Circle). Partners In Crime è l’unico disco che si sia affacciato sulle zone alte di Billboard, trainato dai singoli Escape (The Piña Colada Song) e Him. Un suono imponente, personalizzato dalle tastiere e dalle sontuose orchestrazioni di Holmes e rifinito dai magnifici interventi chitarristici del fidato Dean Bailin. La raffinatezza delle musiche di Rupert è pari solo all’intelligenza dei suoi testi, che descrivono con acume e tenerezza il complesso rapporto uomo-donna: la frustrazione trasmessa da una segreteria telefonica (Answering Machine), i ritmi frenetici di una grande città (Lunch Hour), la miopia come pretesto per riscoprire i dettagli (Nearsighted), e altre piccole storie “private”, cui fanno puntualmente da sfondo suggestive scenografie metropolitane (The People That You Never Get To Love; Get Outta Yourself; In You I Trust; Partners In Crime). Il reggae, all’epoca ancora in voga, per Holmes è già materiale riciclabile e diventa pura scansione metrica sull’elegante Drop It. Un tradimento scoperto senza drammi viene raccontato su Him, memorabile hit degli anni '70, con una melodia sublime e un emozionante assolo vocale di Rupert. Per sempre giovane! - B.A.


RUPERT HOLMES - ADVENTURE (1980) FOREVER YOUNG

Nonostante una copertina inadeguata per sfondare nella “civiltà dell’immagine”, questo album assicurò a Holmes un seggio permanente nel Gotha del rock (altro che U2 e Nirvana). Colto, intelligente, eretico rispetto all’ortodossia A.O.R. e tuttavia immune ai miasmi degli anni '80, Rupert condensò musica, parole, arrangiamento e interpretazione in una lussuosa raccolta di preziose miniature pop, assistito nell’opera da una straordinaria band personale: Dean Bailin (chitarre), Benny Gramm (batteria), John Caruso (basso), tre fuoriclasse che contribuiranno a rendere indispensabile anche il successivo Full Circle. Immersa in un insolito clima 'progressive', Adventure apre il disco parafrasando le prime cose dei Genesis ridotti a trio (... And Then There Were Three; Duke). Alti e bassi emotivi fanno da filo conduttore alle singole canzoni: le voci gelide e il leitmotiv elettrico di Cold; l’insondabile mistero di un’enigmatica figura femminile (The O’Brien Girl); un rutilante assortimento ritmico smorzato dall’amarezza del testo (The Mask); la romantica determinazione di You’ll Love Me Again, enfatica ballad pianistica che chiama in causa il Manilow più raffinato; la melodia di Morning Man, che aspettava solo di essere scovata nell’immaginario collettivo e che da sola varrebbe l’acquisto del CD; la spiritosa capitolazione sentimentale di I Don’t Need You, mancato n°1 in classifica; la sincera gratitudine di Special Thanks, celebrazione delle piccole cose che danno senso alla vita (… special thanks to the waiter / for the table with a view / of ocean waves and the sunset / as my eyes sank into you …). Dopo i Beatles, nessuno ha fatto di meglio di lui. - B.A.


RUPERT HOLMES - FULL CIRCLE (1981) FOREVER YOUNG

Voltatevi indietro per un attimo a osservare le sciagure socio-antropologiche partorite da “impegno” e “riflusso”: degenerazioni umane apparentemente contrapposte, in realtà penose mode figlie della stessa insofferenza per qualsiasi forma espressiva connotata da una benché minima cifra di autenticità. 1981, annus horribilis, eppure … Nightwalker, Sometimes Late At Night, Breakin’ Away, Street Corner Heroes, Ten Out Of 10, Runaway, Sitting Targets, Pages … cioè, capito? si poteva scegliere … e ogni volta che il pensiero ci sovviene, trascorriamo la notte rivoltandoci nel letto ossessionati dal fatidico “what if?”, perché proprio in quei giorni Rupert Holmes calava l’ultimo asso del poker (Pursuit Of Happiness, Partners In Crime, Adventure, Full Circle) che avrebbe potuto salvare il rock dagli “addetti ai lavori”. Descrivendo la relazione sentimentale come un ciclo perpetuo introdotto dal bolero di The End, l’album inizia dalla “fine”, con una storia che si conclude generandone un’altra. Quanti album conoscete in cui le dieci canzoni di rito siano tutte perfette? Provate con questo: lo sfarzo orchestrale di My Lover’s Keeper e The One Of Us, le sofisticate melodie di Perfect e Full Circe condotte, rispettivamente, da sax e trombone, il sentimento inconfondibile di You Remind Me Of You e il colpo di fulmine “retroattivo” di Love At Second Sight, un singolo eccezionale come Loved By The One You Love, neanche a dirlo snobbato dalla radio, il pezzo di bravura su How Do You Do?, che trasforma l’Allegretto della Settima Sinfonia di Beethoven in una dolente torch song, echi del Brill Building che risuonano sul tema vocale di One Born Every Minute, solenne epilogo a sua volta ricongiunto alla tesi lirica del preludio … Una menzione speciale agli impeccabili, raffinati, schivi ma eccelsi “accompagnatori” di Holmes: Dean Bailin (chitarre), John Caruso (basso), Benny Gramm (batteria). - B.A.


RUPERT HOLMES - THE MISTERY OF EDWIN DROOD (1985)

RUPERT HOLMES - SCENARIO (1995)

HOWDY MOON - HOWDY MOON (1974)

JANIS IAN - STARS (1974)

JANIS IAN - BETWEEN THE LINES (1975)

JANIS IAN - AFTERTONES (1975)

JANIS IAN - MIRACLE ROW (1977)

JANIS IAN - JANIS IAN (1978)

i-TEN - TAKING A COLD LOOK (1978)

 

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