Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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ROCK

C-G

ROGER CHAPMAN - CHAPPO (1979)

Entrambi “neri a metà” nel senso più onesto dell’espressione, Eddie Hinton e Roger Chapman provengono da luoghi reciprocamente distanti come l’habitat rurale del southern rock “confederato” (Alabama) e l’arena metropolitana del progressive inglese (Londra). Tuttavia, sebbene connotati da origini geografiche, ascendenze formative e carriere professionali diversissime, con i rispettivi album della maturità - Very Extremely Dangerous, Chappo - i due approdano a un analogo, simultaneo coronamento artistico.
Chappo - Grazie a un solido quartetto di specialisti - Henry Spinetti (batteria), Billy Livsey (tastiere), Geoff Whitehorn (chitarre), Dave Marquee (basso elettrico) - Chapman rifinisce il proprio stile, mantenendo comunque intatto l’inconfondibile, rauco “vibrato” che fu contrassegno sonoro dei primi Family. E se il sofisticato folk psichedelico di quel gruppo imbrigliava alcune doti espressive del cantante, in questo esordio a suo nome tre cover blasonate e tre pezzi originali ci riconsegnano uno straordinario interprete soul. I cultori A.O.R. vorranno confrontare Keep Forgettin’, di Jerry Leiber e Mike Stoller, con il “plagio” che Michael McDonald incise nel 1982 (If That’s What It Takes), facendone peraltro un’inarrivabile pop-song [I Keep Forgettin’ (Every Time You’re Near)]. Let’s Spend The Night Together dei Rolling Stones e Hang On To A Dream di Tim Hardin ricordano il legame con gli anni Sessanta, ma è con Moth To A Flame, Face Of Stone, Who Pulled The Night Down che le indiscusse doti vocali del leader e la potenza degli arrangiamenti si fondono meglio, proponendo uno squisito impasto di finezza e spontaneità. - B.A.


CHINA CRISIS - FLAUNT THE IMPERFECTION (1985)

KEITH CHRISTMAS - FABLE OF THE WINGS (1970)

KEITH CHRISTMAS - BRIGHTER DAY (1974)

KEITH CHRISTMAS - STORIES FROM THE HUMAN ZOO (1976)

ERIC CLAPTON - 461 OCEAN BOULEVARD (1974)

ERIC CLAPTON - THERE’S ONE IN EVERY CROWD (1975)

ERIC CLAPTON - NO REASON TO CRY (1976)

ERIC CLAPTON - SLOWHAND (1977)

ERIC CLAPTON - BACKLESS (1978)

ERIC CLAPTON - ANOTHER TICKET (1981)

ERIC CLAPTON - MONEY AND CIGARETTES (1983)

CLOVER - CLOVER (1970)

CLOVER - FOURTY NINER (1971)

CLOVER - UNAVAILABLE (CLOVER) (1977)

CLOVER - LOVE ON THE WIRE (1977)

JOE COCKER - WITH A LITTLE HELP FROM MY FRIENDS (1969)

JOE COCKER - JOE COCKER! (1969)

JOE COCKER - I CAN STAND A LITTLE RAIN (1974)

JOE COCKER - JAMAICA SAY YOU WILL (1975)

JOE COCKER - STINGRAY (1976)

JOE COCKER - LUXURY YOU CAN AFFORD (1978)

JOE COCKER - SHEFFIELD STEEL (1982)

JOE COCKER - GREATEST LOVE SONGS (2003)

COCKNEY REBEL - THE HUMAN MENAGERIE (1973)

COCKNEY REBEL - THE PSYCHOMODO (1974)

COCKNEY REBEL - THE BEST YEARS OF OUR LIVES (1975)

COCKNEY REBEL - TIMELESS FLIGHT (1976)

COCKNEY REBEL - LOVE’S A PRIMA DONNA (1976)


COLOURFIELD - VIRGINS AND PHILISTINES (1985)

Thinking Of You, forse troppo bella per chi l’ha ascoltata e adorata e per chi l’ha colpevolmente ignorata, ha in sé qualcosa di divino che, se non fosse per la magia che pervade l’intero l’album, avrebbe relegato nell’oblio tutte le tracce successive … ma no, la creatività che affiora da ogni brano riesce comunque a fronteggiare la sua assoluta perfezione: le rocche di Castles In The Air si ergono maestose e inducono gli archi ad accettare le grazie di un’imprevista chitarra elettrica; un certo Pete de Freitas - peccato per chi non lo conosce - si lascia piacevolmente andare su Take, ricordandoci che anche i turnisti per caso hanno un’anima; gli improbabili cori di Cruel Circus ci consegnano una suite di tre minuti per cervello pensante e complesso rock, anche Paul McCartney l’amerebbe (chi ci dice non l’abbia già ascoltata?). Ma ... una canzone brutta, arriva? Scordatevelo: Hammond Song è appena meno arrangiata, non serve, voci, chitarre acustiche, violoncello e la firma di Margaret A. Roche (Roches) sono più che abbastanza. La title-track poteva essere da meno? Certo che no, ed ecco un clarinettista (Ian Nelson) spuntare su Virgins And Philistines. Yours Sincerely riprende senza malizia un’eco da Castles In The Air … melodie come conigli dal cappello di un mago che ci portano fino ad Armchair Theatre, dove Paul Burgess ci mette del suo (ma non gli bastavano i Camel e i 10cc? anvedi ...). Made in England? macchè, qua sembra di essere in Andalusia, non hanno freni questi, e meno male ... Sorry ci congeda con dolcezza, altrimenti il CD non sarebbe più uscito dal lettore. Successivamente i Colourfield avrebbero combinato poco o nulla, ma l’etereo, purissimo pop di questo disco assicura una panchina sulla Serpentine di Hyde Park ogni volta che si desideri, senza acquazzone al seguito. [P.S. - La Toshiba/EMI ha riversato il Long Playing su Compact Disc solo nel 1999, includendo nella ristampa alcuni inediti non indispensabili.] - Franco Ferrando


RY COODER - RY COODER (1970)

RY COODER - INTO THE PURPLE VALLEY (1972)

RY COODER - BOOMER’S STORY (1972)

RY COODER - PARADISE AND LUNCH (1974)

RY COODER - CHICKEN SKIN MUSIC (1976)

RY COODER - BOP TILL YOU DROP (1979)

ELVIS COSTELLO - MY AIM IS TRUE (1977)

ELVIS COSTELLO - THIS YEAR’S MODEL (1978)

ELVIS COSTELLO - ARMED FORCES (1979)

ELVIS COSTELLO - GET HAPPY!! (1980)

ELVIS COSTELLO - TRUST (1981)

ELVIS COSTELLO - IMPERIAL BEDROOM (1982)

ELVIS COSTELLO - PUNCH THE CLOCK (1983)

ELVIS COSTELLO - GOODBYE CRUEL WORLD (1984)

COUNTRY JOE & THE FISH - ELECTRIC MUSIC FO THE MIND AND BODY (1967)

COUNTRY JOE & THE FISH - I-FEEL-LIKE-I’M-FIXIN’-TO-DIE (1967)

KEVIN COYNE - CASE HISTORY (1972)

KEVIN COYNE - MARJORY RAZORBLADE (1973)

KEVIN COYNE - BLAME IT ON THE NIGHT (1974)

KEVIN COYNE - MATCHING HEAD AND FEET (1975)

KEVIN COYNE - HEARTBURN (1976)

KEVIN COYNE - DYNAMITE DAZE (1978)

KEVIN COYNE - MILLIONAIRES AND TEDDY BEARS (1979)

KEVIN COYNE / DAGMAR KRAUSE - BABBLE (SONGS FOR LONELY LOVERS) (1979)

KEVIN COYNE - BURSTING BUBBLES (1980)

ROBERT CRAY - BAD INFLUENCE (1984)

ROBERT CRAY - STRONG PERSUADER (1986)

CREAM - FRESH CREAM (1966)

CREAM - DISRAELI GEARS (1967)

CREAM - WHEELS OF FIRE (1968)

DAVID CROSBY - IF I COULD ONLY REMEMBER MY NAME (1971)

CROSBY & NASH - GRAHAM NASH + DAVID CROSBY (1972)

CROSBY & NASH - WIND ON THE WATER (1975)

CROSBY & NASH - WHISTLING DOWN THE WIRE (1976)


CROSBY, STILLS & NASH - CROSBY, STILLS & NASH (1969)

CROSBY, STILLS, NASH & YOUNG - DÉJÀ VU (1970)

La colonna sonora di una generazione al bivio: dall’estate dei Beach Boys all’inferno del Vietnam, dai falò sotto le stelle in spiaggia al tracollo psicofisico indotto dalle droghe, dall’ingenua beatitudine hippy al sordido inganno dell’impegno*. Crosby, Stills, Nash & Young furono attori inconsapevoli di una vicenda analoga a quella dei Beatles: quattro fuoriclasse dal forte carattere che si ritrovano insieme nel posto giusto al momento giusto. I due album pubblicati nel biennio 1969/1970 hanno segnato un’epoca da cui i protagonisti si aspettavano tutt’altro rispetto a quel che otterranno effettivamente … un caso esemplare di “eterogenesi dei fini”* … a noi rimangono queste pregiate registrazioni …
Crosby, Stills & Nash - L’arte delle armonie vocali si sublima nella lunga serenata Suite: Judy Blue Eyes (scritta da Stephen Stills per Judy Collins), nelle meravigliose trame acustiche di Helplessly Hoping e You Don’t Have To Cry, nella romantica “acidità” di Guinnevere, nelle suggestioni psichedeliche di Wooden Ships, nelle sensuali inquadrature narrative di Lady Of The Island … uno stile musicale (sapiente amalgama di country, folk, gospel, rock) e lirico (esperienze ed emozioni personali messe a nudo senza riserve) che farà scuola, influenzando nuove leve come Eagles, America, Poco, Loggins & Messina, Jackson Browne, Dan Fogelberg etc.
Déjà Vu - Con le parti strumentali di Crosby, Stills & Nash quasi interamente a carico del solo Stills, il trio avverte l’esigenza di un quarto elemento in funzione integrativa. Reclutata una vera sezione ritmica - Greg Reeves (basso elettrico), Dallas Taylor (batteria) - l’organico ufficiale schiera clamorosamente un altro ex-Buffalo Springfield: il tormentato individualismo di Neil Young produrrà la ben nota alchimia in seno al gruppo, opponendo un inquieto, sensibile antagonista al sanguigno fondatore Stephen Stills. I migliori esempi di questo felice attrito creativo (che germoglieranno compiutamente sul magnifico Long May You Run) sono l’iniziale Carry On (Stills), con una duttile chitarra acustica a lanciare il tempo per l’incalzante unisono delle voci, e i sofisticati accordi di Country Girl (Young), solenne e modernissima canzone d’amore indirizzata a un’anonima cameriera. Se Crosby, come sempre originale, porta in dote l’allucinogena Almost Cut My Hair e l’evocativo coro di Déjà Vu, Nash, il più incline alla melodia cantabile, firma Teach Your Children, pedagogica filastrocca decorata dalla pedal steel di Jerry Garcia, e Our House, quadretto di vita quotidiana in ricordo della convivenza con Joni Mitchell. Proprio dal repertorio della musa canadese, allora compagna del suddito britannico espatriato, è ripresa Woodstock: pubblicata quasi contemporaneamente su Ladies Of The Canyon, la vivida cronaca a distanza dello storico evento - Joni non era presente - assurgerà al rango di inno per una stagione irripetibile. Helpless è una sonnolenta ballad ispirata all’ennesimo moto pessimista di Neil Young. (P.S. - *Se solo quei poveri ragazzi avessero immaginato che le loro angosce esistenziali avrebbero partorito il Gioca Jouer …) - B.A.


CROSBY, STILLS & NASH - CSN (1977) FOREVER YOUNG

Pubblicato in pieno marasma punk, questo album meraviglioso finì sulla scrivania del preteso “esperto” Robert Christgau e dovette subire il solito paragone denigratorio coi capitoli precedenti (Crosby, Stills & Nash; Déjà Vu). Perché tanto odio? David, Stephen e Graham erano tre reduci di Woodstock, ormai appagati (eloquenti le foto scattate in barca a vela) e in pace con se stessi, sebbene ancora ispiratissimi. Dunque, a che scopo rinfacciare loro l’impegno di quegli anni fecondi ma irripetibili? In proposito, ci si consenta di formulare un’ipotesi: gli “addetti ai lavori” sono degli stronzi e, come tali, ontologicamente ostili verso qualsiasi forma d’arte spontanea e disinteressata (ars gratia artis). Su CSN, le celebri armonie vocali del trio raggiungono vertici degni di Beatles e 10cc, esaltate altresì da una scaletta che annovera diversi classici e almeno un paio di capolavori. David Crosby molla gli ormeggi con Shadow Captain, abbinando allo spartito del pianista Craig Doerge un evocativo testo acido-nautico. Stephen Stills firma una sobria ballata per chitarra acustica e voci (See The Changes) e due eleganti canzoni (Fair Game; Dark Star) a cavallo tra samba e jazz. L’istintivo senso melodico di Graham Nash risplende sull’acquerello in ¾ di Carried Away, sull’affresco (anti)religioso di Cathedral e sull’infallibile refrain di Just A Song Before I Go, romantico commiato in aeroporto che all’epoca rimbalzò persino sulle radio italiane. Due titoli, in particolare, celano altrettanti tesori: 1) Anything At All, onirica serenata di Crosby in cui il tono confidenziale dell’autore sollecita un coro memore di Byrds, Hollies e Buffalo Springfield; 2) Cold Rain, reminiscenze dell’espatriato inglese Nash che, sotto la gelida pioggia metropolitana, riflette su un distacco sofferto ma ineluttabile. - B.A.


CROSBY, STILLS, NASH & YOUNG - 4 WAY STREET (1971)

CROWDED HOUSE - CROWDED HOUSE (1986)

CROWDED HOUSE - TEMPLE OF LOW MEN (1988)

CROWDED HOUSE - WOODFACE (1991)

RODNEY CROWELL - AIN’T LIVING LONG LIKE THIS (1978)

RODNEY CROWELL - BUT WHAT WILL THE NEIGHBORS THINK (1980)

ROGER DALTREY - DALTREY (1973)


ROGER DALTREY - RIDE A ROCK HORSE (1975)

Laddove non si consideri stucchevole proporre un album rock senza pretese “colte”, scritto e prodotto come Dio comanda, che resista e sopravviva alle mode, ecco un buon esempio d’altri tempi. Se poi la voce appartiene al cantante degli Who, c’è caso che le pregevoli firme di Russ Ballard (Come And Get Your Love; Near To Surrender), Paul Korda (World Over; Feeling), Rufus Thomas (Walking The Dog), Dominic Bugatti e Frank Musker (Milk Train) trovino ulteriore lustro grazie all’interprete che impersonò Tommy, prima per Pete Townshend, poi per Ken Russell. Le tre gemme da custodire si ascoltano in sequenza e recano il sigillo di altrettanti artigiani della canzone: Heart’s Right coinvolgente peana emotivo di Paul Korda, Oceans Away, serenata per pianoforte di Phillip Goodhand-Tait, Proud, orgoglioso ruggito di Russ Ballard. Copertina indimenticabile. - B.A.


ROGER DALTREY - ONE OF THE BOYS (1977)


DEACON BLUE - RAINTOWN (1987)

The fabulous 80's, ovvero … lasciate che gli scozzesi vengano a me. Lo scatto di Oscar Marzaroli riprodotto in copertina vale il prezzo del CD, se poi aggiungiamo che Ricky Ross ha anche organizzato una mostra dedicata al fotografo, allora l’acquisto di Raintown diventa un obbligo affettivo a cui è impossibile sottrarsi e la tentazione di conservarne una copia sul comodino è assolutamente legittima. Al bozzetto piano e voce di Born In A Storm si aggiunge la band al completo per Raintown, il temporale deflagra sulla città della pioggia (Glasgow) con esiti emotivi inebrianti, sembra di vedere i lampi che squarciano la notte, mentre il riff birichino delle tastiere introduce Ragman, suggestivo crescendo per piccola orchestra di sei elementi. Immaginando le Highlands come corrispondente britannico del profondo sud degli States - anche senza piantagioni di cotone - When Will You (Make My Telephone Ring) diventa un “gospel scozzese”, ma il grido è identico, identico il feeling … i Queen di Somebody To Love chiedono ai Prefab Sprout di prestar loro la Triumph Bonneville di Steve McQueen. Tutto ruota intorno a Ricky Ross, giustamente … i temi si rincorrono e si intrecciano, come in un concept album, ma nell’era delle batterie elettroniche i Deacon Blue emergono dalle cantine con un’intensità e un calore sulfurei, suonando per garantire un futuro alla propria musica più che per mettersi in mostra. Nelle interessanti note dell’edizione Legacy scopriamo, senza alcuna meraviglia, che il produttore Jon Kelly aveva lavorato con George Martin, Geoff Emerick e Paul McCartney, il che spiega un suono di non immediata fruizione ma praticamente perfetto. La ristampa consente di ascoltare l’album come fu concepito in origine, 11 canzoni con Town To Be Blamed (il titolo basta e avanza) a sigillarlo. - Franco Ferrando

Il brillante amalgama tra musica, parole, arrangiamento e interpretazione fa di Chocolate Girl un autentico “flower in the dirt” degli anni Ottanta: memorabile e struggente (in ogni senso) l’immagine della ragazza che si scioglie come il cioccolato (… he calls her the chocolate girl, ‘cause he thinks she melts when he touches her, she knows she’s the chocolate girl, ‘cause she’s broken up and swallowed …). Da ricordare anche l’azzeccata linea melodica di Loaded e l’evocativo refrain lirico di He Looks Like Spencer Tracy Now (… and he cries all night …). - B.A.


DEACON BLUE - WHEN THE WORLD KNOWS YOUR NAME (1989)


DEEP PURPLE - IN ROCK (1970) FOREVER YOUNG

Un lavoro chiave, che pone le basi dell’hard-rock e di tutte le sue future evoluzioni-deviazioni. - G.E.R.

La formazione “classica” dei Deep Purple in stato di grazia: la Stratocaster fumigante di Ritchie Blackmore, Ian Paice che viaggia come un autotreno e Ian Gillan che, da semplice urlatore, diventa un cantante completo. Se i riff chitarristici di Speed King, Bloodsucker e Black Night hanno iniziato al rock legioni di adolescenti, il disperato lamento di Gillan su Child In Time è una sorta di moderno inno sacro: la canzone ha vissuto una seconda giovinezza nel 1996, quando Lars von Trier l’ha utilizzata per la colonna sonora del film Breaking The Waves (Le Onde Del Destino). - B.A.


DEEP PURPLE - FIREBALL (1971)

... to suggest that it is an inferior album is to do it a disservice”. Roger Glover ha ragione. Nel cuore degli appassionati Fireball può aver scontato la scomoda condizione di trovarsi in mezzo a due monumenti come In Rock e Machine Head, ma liquidarlo come semplice “trait d’union” sarebbe ingeneroso. I Deep Purple erano cresciuti, e avevano imparato a muoversi con disinvoltura in uno studio di registrazione: lo provano classici come The Mule, Fireball e la radiofonica Strange Kind Of Woman. Un disco imperdibile, se si possiedono già gli altri due. - B.A.


DEEP PURPLE - MACHINE HEAD (1972) FOREVER YOUNG

Molti amanti delle sonorità anni '70, appassionati di Genesis, Pink Floyd e Yes, guardavano ai Deep Purple con una certa sufficienza, considerandoli un gruppo simpatico, energico, ma tutto sommato caciarone e un po’ volgare. Sbagliavano. La musica del quintetto inglese era diretta, sanguigna, sbrigativa, ma anche eccitante e animata da una perenne vibrazione funk: la macchina ritmica guidata da Jon Lord (organo), Ritchie Blackmore (chitarra) e Ian Paice (batteria) resta un ammirevole esempio di compattezza e precisione. Oggi possiamo correggere quella valutazione frettolosa, e l’occasione per un giudizio più sereno è offerta dalla ristampa, in edizione lusso, di tre capitoli fondamentali nel catalogo della band: In Rock, Fireball e Machine Head. Per quest’ultimo la EMI ha fatto le cose in grande, pubblicando un mini-cofanetto che, oltre all’edizione originale rimasterizzata, contiene un secondo CD con i brani ancora grezzi, colti prima del missaggio definitivo e “ufficiale”. Una splendida iniziativa che consente di apprezzare in tutta la loro potenza le frustate elettriche di Blackmore e le grida ossessive di Ian Gillan su Highway Star. Sarà banale ripeterlo, ma questi brani hanno segnato la storia del rock: Smoke On The Water, un riff epocale per raccontare l’incendio scoppiato durante un concerto di Frank Zappa a cui stavano assistendo anche i nostri; Lazy, un formidabile concentrato di blues, progressive e hard; Space Truckin’, sillabario formativo per generazioni di ragazzi che improvvisavano negli scantinati. Alle esaurienti note dei libretti sono stati aggiunti i commossi ricordi personali di Roger Glover, che conclude così: “Innocence doesn’t always die, sometimes it lives forever.” - B.A.


DEEP PURPLE - MADE IN JAPAN (1973)

DEEP PURPLE - WHO DO WE THINK WE ARE? (1973)

DEEP PURPLE - BURN (1974)

DEEP PURPLE - COME TASTE THE BAND (1975)

DEREK AND THE DOMINOS - LAYLA AND OTHER ASSORTED LOVE SONGS (1970)

DIFFORD & TILBROOK - DIFFORD & TILBROOK (1984)

DIRE STRAITS - DIRE STRAITS (1978)

DIRE STRAITS - COMMUNIQUÉ (1978)

Dr. FEELGOOD - DOWN BY THE JETTY (1975)

Dr. FEELGOOD - MALPRACTICE (1975)

Dr. FEELGOOD - STUPIDITY (1976)

Dr. FEELGOOD - SNEAKINSUSPICION (1977)

DUKES OF STRATOSPHEAR - 25 O’CLOCK (1985)

DUKES OF STRATOSPHEAR - PSONIC PSUNSPOT (1987)

DUKES OF STRATOSPHEAR - CHIPS FROM THE CHOCOLATE FIREBALL (1987)

BOB DYLAN - BRINGING IT ALL BACK HOME (1965)

BOB DYLAN - HIGHWAY 61 REVISITED (1965)

BOB DYLAN - BLONDE ON BLONDE (1966)

BOB DYLAN - JOHN WESLEY HARDING (1967)

BOB DYLAN - NASHVILLE SKYLINE (1969)

BOB DYLAN - NEW MORNING (1970)


BOB DYLAN - BLOOD ON THE TRACKS (1975) FOREVER YOUNG

È giunto il momento di rendere il nostro omaggio a Bob Dylan e di confessare che, alla continua ricerca di finezza strumentale, complessità armonica, melodie originali, abbiamo occasionalmente trascurato la figura del cantautore che issava sulle proprie spalle le angosce del mondo, strimpellandole su una chitarra scordata … e d’altro canto la foto che ritrae tre* Beatles su quattro mentre assistono insieme a un suo concerto (Isola di Wight, 1969) parla da sola … col Nobel per la letteratura assegnato in virtù dei meravigliosi testi scritti nel corso di mezzo secolo, egli ha addirittura diviso il mondo in due fazioni, chi disapprova e chi condivide: noi ci ritroviamo nella seconda categoria, proprio perché quel riconoscimento conferma la tesi secondo cui Dylan è stato più autore lirico che interprete canoro delle proprie stesse pagine. Le sue parole hanno sedotto fuoriclasse come Bryan Ferry (Dylanesque) e Ben Sidran (Dylan Different), perdutamente nel caso del cantante dei Roxy Music che, prima del disco monografico, aveva già ripreso a proprio nome A Hard Rain’s A-Gonna Fall (These Foolish Things), It Ain’t Me, Babe (Another Time, Another Place), It’s All Over Now, Baby Blue (Frantic). Nel 1975, senza preavviso, arriva il suo miglior album del decennio, forse di sempre: introdotto dalla dotta esegesi di Pete Hamill (che per essa vinse un Grammy), finalmente valorizzato da una produzione all’altezza, Blood On The Tracks sciorina un repertorio omogeneo e ispirato, in cui spiccano almeno sei classici imperituri. Oltre alle ampollose epopee folk di Idiot Wind e Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts, come al solito ricche di riferimenti, suggestioni, metafore, simbolismi, nell’immaginario collettivo si installeranno Tangled Up In Blue, struggente storia di un amore perduto, ritrovato, poi ancora smarrito, in una penosa alternanza emotiva di cui Ben Sidran attenuerà l’amarezza con la sua stupenda cover soul-jazz (Dylan Different), Simple Twist Of Fate, sublime affresco sugli insondabili disegni del destino, che da pigra ballata acustica Bryan Ferry trasformerà in dolente meditazione rock (Dylanesque), You’re A Big Girl Now, elegiaco capolavoro sull’eterno tema del cambiamento interiore che sopprime una supposta passione perenne, If You See Her Say Hello, secondo Hamill “… a simple love song … but is about love filled with honor, and a kind of dignity, the generosity that so few people can summon when another has become a parenthesis in a life …”, Shelter From The Storm, usbergo sentimentale poi elettrificato dal vivo durante il Rolling Thunder Revue insieme alla mitica Alpha Band (Hard Rain), Buckets Of Rain, memorabile, intensissima serenata priva di qualsiasi smanceria insita nella formula. [P.S. - 1) *Paul McCartney era accanto alla moglie che partoriva Mary. 2) Chris Weber (chitarre) Kevin Odegard (chitarre), Tony Brown (basso), Billy Peterson (basso), Bill Berg (batteria) etc.] - B.A.


BOB DYLAN - DESIRE (1975)

DAVE EDMUNDS - GET IT (1977)

DAVE EDMUNDS - REPEAT WHEN NECESSARY (1977)

JOE EGAN - OUT OF NOWHERE (1979)

EVERYTHING BUT THE GIRL - EDEN (1984)

EVERYTHING BUT THE GIRL - THE LANGUAGE OF LIFE (1990)

MARK FARNER - MARK FARNER (1977)

MARK FARNER - NO FRILLS (1978)

BRYAN FERRY - THESE FOOLISH THINGS (1973)

BRYAN FERRY - ANOTHER TIME ANOTHER PLACE (1974)

BRYAN FERRY - LET’S STICK TOGETHER (1976)


BRYAN FERRY - IN YOUR MIND (1977)

Tanto rumore per nulla. I fiumi di inchiostro versati durante gli anni '70 a proposito del look dei Roxy Music avrebbero potuto essere risparmiati se solo si fosse prestata più attenzione ai contenuti musicali, caratterizzati, nel caso in questione, soprattutto da due elementi: la voce originalissima di Bryan Ferry, che compensava la scarsa estensione con una timbrica molto personale, e la chitarra iper-trattata di Phil Manzanera, perno su cui ruotavano le raffinate composizioni del cantante. Accantonato temporaneamente il marchio “Roxy Music”, nel triennio 76/78 i componenti del gruppo si dedicarono ai rispettivi progetti solisti, senza mai interrompere la mutua collaborazione. Nel caso di Ferry, vale il discorso fatto per Ian Anderson/Jethro Tull, Peter Hammill/VDGG e Todd Rundgren/Utopia: il gruppo e il leader sono la stessa cosa, e l’uno senza l’altro non sono neanche concepibili. Di conseguenza, In Your Mind è a tutti gli effetti un disco dei Roxy Music, probabilmente il migliore. Con l’aiuto di alcuni fidati musicisti inglesi (Chris Spedding, John Wetton, Mel Collins, Doreen Chanter, Paul Thompson, Phil Manzanera etc.), Bryan modernizza lo spirito del miglior rock americano: vibranti parole d’amore, aristocratico distacco interpretativo e musiche ispirate ai “classici” si fondono in canzoni che hanno superato splendidamente la prova del tempo (All Night Operator; One Kiss; Love Me Madly Again; Tokyo Joe; In Your Mind). Il brano più potente dell’album è This Is Tomorrow, sofisticato rock‘n’roll che culmina in un’emozionante sincronizzazione tra chitarra elettrica e sezione fiati, e che colse un ottimo successo come singolo. “0” in condotta alla Virgin, che ha perso l’occasione di inserire nella ristampa CD il retro inedito del 45, la decadente As The World Turns, scritta da Ferry insieme a Eddie Jobson e illuminata da un meraviglioso assolo di Robert Fripp. - B.A.


BRYAN FERRY - THE BRIDE STRIPPED BARE (1978)

BRYAN FERRY - BOYS AND GIRLS (1985)

BRYAN FERRY - TE NOIRE (1987)

BRYAN FERRY - DYLANESQUE (2007)

FLEETWOOD MAC - FLEETWOOD MAC (1975)

FLEETWOOD MAC - RUMOURS (1976)

FLINT - FLINT (1978)

FREE - FREE (1969)

FREE - FIRE AND WATER (1970)

PETER GABRIEL - PETER GABRIEL (1977)

RORY GALLAGHER - RORY GALLAGHER (1971)

RORY GALLAGHER - DEUCE (1971)

RORY GALLAGHER - LIVE IN EUROPE (1972)

RORY GALLAGHER - BLUEPRINT (1973)

RORY GALLAGHER - TATTOO (1973)

RORY GALLAGHER - IRISH TOUR (1974)

RORY GALLAGHER - AGAINST THE GRAIN (1975)

RORY GALLAGHER - CALLING CARD (1976)

RORY GALLAGHER - PHOTO-FINISH (1978)

RORY GALLAGHER - TOP PRIORITY (1979)

RORY GALLAGHER - JINX (1982)

IAN GILLAN - CHILD IN TIME (1976)

IAN GILLAN - CLEAR AIR TURBULENCE (1977)

IAN GILLAN - SCARABUS (1977)

IAN GILLAN - GILLAN (1978)

DAVID GILMOUR - DAVID GILMOUR (1978)

GRAND FUNK - SURVIVAL (1971)

GRAND FUNK - E PLURIBUS FUNK (1971)

GRAND FUNK - PHOENIX (1972)


GRAND FUNK - WE’RE AN AMERICAN BAND (1973)

Un austero sfondo beige su cui a malapena si legge la piccola scritta che indica titolo del disco e nome del gruppo. La signorile veste della copertina mai lascerebbe presagire l’esplosione di selvaggia violenza musicale del primo pezzo, uno dei più grandi brani rock di tutti i tempi, splendidamente cantato dal batterista Don Brewer. Esageriamo? Al contrario, è inutile cercare termini di paragone: un duello discografico con We’re An American Band rischierebbe di mettere in imbarazzo lo sfidante. Todd Rundgren, meticoloso supervisore di turno, sfruttò le tastiere di Craig Frost (arruolato l’anno prima) per arricchire l’impasto strumentale, convogliando abilmente la potenza sonora dei Grand Funk senza scalfirne la ruvida spontaneità da garage-band. Un capolavoro di tecnica produttiva. Solo Zappa, con Good Singin’ Good Playin’, sarebbe riuscito a fare di più. - B.A.

Da questo momento assume un ruolo di primaria importanza la voce di Don Brewer, caratterizzata da una timbrica bassa e leggermente roca, che si contrapponeva in modo esemplare a quella limpida e acuta di Mark Farner. - Armando Lomagistro


GRAND FUNK - SHININ’ ON (1974)

GRAND FUNK - ALL THE GIRLS IN THE WORLD BEWARE!!! (1974)

GRAND FUNK - BORN TO DIE (1976)


GRAND FUNK - GOOD SINGIN’ GOOD PLAYIN’ (1976)

Dopo milioni di LP e singoli venduti, dopo ben due prestigiose collaborazioni con Todd Rundgren (We’re An American Band; Shinin’ On), nel 1976 i Grand Funk erano alla ricerca di nuovi stimoli e si rivolsero a Frank Zappa in persona. Sebbene nello stesso anno Rupert Holmes avesse prodotto gli Sparks (Big Beat), questo nuovo incontro musicale sembrò ancor più bizzarro. In realtà, i quattro “provinciali” di Flint (Michigan) e il geniale compositore/chitarrista/dissacratore avevano in comune alcune seccanti controversie legali con le rispettive (ex) case discografiche, e si intesero magnificamente sul piano umano. Zappa catturò il suono “naturale” della band, mantenendone intatta la caratteristica franchezza espressiva. Il trittico di apertura è di rara potenza ed efficacia: Just Couldn’t Wait, orecchiabile pop-song da autoradio, di Mark Farner; Can You Do It, trascinante cover di una canzone dei Contours; Pass It Around, forse il pezzo più forte del disco, con la maschia voce di Don Brewer in primo piano. Frank non perde l’occasione di piazzare un prezioso assolo su Out To Get You, gioioso inno alla voglia di suonare: «Good Singin’ Good Playin’». Release Your Love e Crossfire sono altre due convincenti dimostrazioni di vitalità del gruppo. All’epoca, il martellamento ossessivo della disco-music impedì al pubblico di apprezzare un album di rock energico e divertente come questo. Per fortuna, non è mai troppo tardi. - B.A.


GRATEFUL DEAD - AOXOMOXOA (1969)

GRATEFUL DEAD - LIVE DEAD (1969)

GRATEFUL DEAD - WORKINGMAN’S DEAD (1970)

GRINDERSWITCH - HONEST TO GOODNESS (1974)

GRINDERSWITCH - MACON TRACKS (1975)

 

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