Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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A.O.R.

B

BURT BACHARACH / ELVIS COSTELLO - PAINTED FROM MEMORY (1998)

MARTY BALIN - BALIN (1981)

DAVID BATTEAU - HAPPY IN HOLLYWOOD (1976)

LUCIO BATTISTI - EMOZIONI (1970)

LUCIO BATTISTI - AMORE E NON AMORE (1971)

LUCIO BATTISTI - VOL. 4 (PENSIERI E PAROLE) (1971)

LUCIO BATTISTI - UMANAMENTE UOMO: IL SOGNO (1972)

LUCIO BATTISTI - IL MIO CANTO LIBERO (1972)

LUCIO BATTISTI - IL NOSTRO CARO ANGELO (1973)

LUCIO BATTISTI - ANIMA LATINA (1974)

LUCIO BATTISTI - LUCIO BATTISTI: LA BATTERIA, IL CONTRABBASSO, ECCETERA (1976)


LUCIO BATTISTI - IO TU NOI TUTTI (1977) Lucio Battisti

In balia del trend per cui l’importante è apparire, non essere, ci consegnammo a un individuo talmente impaurito dalla realtà da infierire senza scrupoli persino sulle proprie carni (lifting, trapianti etc.), pur di somigliare a qualcos’altro. Lo stesso discorso vale, ormai da molti anni, anche per il nostro rock (?), ridotto all’affannosa rincorsa di modelli sempre più deteriori. Lucio Battisti faceva eccezione: la sua indisponibilità al compromesso, il rifiuto di ogni ipocrisia e l’interesse esclusivo per la propria musica lo esposero a strumentalizzazioni tanto volgari quanto gratuite. Si insinuò persino che egli fosse “di destra”, ed era un’emerita cazzata. Italiano al 100%, fuoriclasse assoluto, in realtà Battisti torreggiava immenso sul palcoscenico nazionale, sovranamente equidistante dalla borghesia qualunquista, dagli intellettuali con la “erre moscia”, dai rivoluzionari alle vongole e dal conformismo sanremese. Le sue canzoni rimangono tra le poche cose salvabili di un’epoca altrimenti macchiata dall’infamia. Dopo la svolta stilistica di Lucio Battisti, La Batteria, Il Contrabbasso, Eccetera, l’uomo di Poggio Bustone fa la spola tra Como e Hollywood alla ricerca del suono giusto. Sensibile agli echi A.O.R., Lucio plasma il nuovo linguaggio adattandolo ai propri, personalissimi canoni espressivi. Il caparbio riff della chitarra elettrica scandito da Ivan Graziani e le vissute parole di Mogol fanno di Amarsi Un Po’ una pop-song intramontabile, oltre che una saggia lezione per apprendisti del cuore. Trainato dall’aitante ritmica di Walter Calloni (batteria) e Hugh Bullen (basso), Sì, Viaggiare diventò l’inno laico di una generazione al bivio: protesta o riflusso? impegno o edonismo? eskimo o cravatta? padella o brace? Si salvò solo chi scelse l’arte per amore dell’arte. Sospesa sugli ipnotici accordi delle tastiere, Soli è un’elegante ballad all’altezza dei due autori. L’avvincente, poetico realismo delle loro sceneggiature si anima di note e parole memorabili su Questione Di Cellule, Ho Un Anno Di Più, L’Interprete Di Un Film e Ami Ancora Elisa. L’ultima pagina è all’insegna di una coinvolgente suspense emotiva: esaltata dal solido professionismo di Ray Parker Jr., Ed Greene e Scotty Edwards, Neanche Un Minuto Di “Non Amore” sublima il disegno melodico di Battisti e l’ansiogeno cortometraggio di Mogol, con quel malinteso allarme sentimentale che si stempera in un rassicurante, imprevedibile lieto fine. Dopo qualche mese avremmo ritrovato Lucio al tavolo di un bar, rapito dall’ispirazione per l’ennesimo capolavoro. - B.A.


LUCIO BATTISTI - UNA DONNA PER AMICO (1978)

LUCIO BATTISTI - UNA GIORNATA UGGIOSA (1980)

CAROLE BAYER SAGER - CAROLE BAYER SAGER (1977)

CAROLE BAYER SAGER - ... TOO (1978)


CAROLE BAYER SAGER - SOMETIMES LATE AT NIGHT (1981) FOREVER YOUNG

Nonostante il nostro impegno - profuso senza risparmio, ce lo concederete - l’internazionale dell’anti-musica ha prevalso. Ammettiamo la nostra sconfitta di fronte all’invincibile falange della “stampa specializzata”: respiro affannoso, pelle squamata, eloquio inconcludente … il nostro destino è segnato. Pigiami stirati e biancheria pulita sono già in valigia … ecco, stanno arrivando gli infermieri: là dove ci portano, forse troveremo un po’ di pace. Dicono che il personale sia gentilissimo e che, fra una terapia e l’altra, ci consentiranno persino di ascoltare Sometimes Late At Night: sì, proprio il capolavoro di Carole Bayer Sager scritto e prodotto da Burt Bacharach “with a little help from” Peter Allen, Bruce Roberts e Neil Diamond, cantato insieme ai Pages e a Melissa Manchester, suonato da Jeff Porcaro, Steve Lukather, David Foster, Lee Ritenour, Jim Keltner, censurato dalla radio e dai giornalisti. Sembra ieri, quando in tanti fummo conquistati da quella voce fragile ma coraggiosa e da quelle passioni messe a nudo con disarmante franchezza. Per l’intensità delle sue parole, Carole troneggia accanto a poeti come Lorenz Hart, Alan Jay Lerner, Sammy Cahn, Hal David, Rod McKuen, Mogol, Bernie Taupin etc. - A sua volta, Burt inventava temi di bellezza abbagliante, collegati, direttamente o meno, ad altri grandi artisti. In effetti, dietro ogni lavoro siglato da Bacharach si cela sempre uno scrigno di tesori ambito da molti. Lungo tutto l’album, con tempismo perfetto, il compositore balza da dietro le quinte a rifinire le proprie creazioni dispensando geniali fraseggi di piano acustico. I Won’t Break mette in scena una resa sentimentale dichiarata senza condizioni: i vibranti acuti dei Pages evocano l’immagine della radio citata nel testo (… turn the radio up loud / make it seem like there’s a crowd …). You And Me (We Wanted It All) compete - senza superarla - con la stratosferica versione di Sinatra (Trilogy: Past, Present And Future), per il quale la ballad era stata concepita: quel flicorno in coda mette sempre i brividi. Su Just Friends è presente Michael Jackson, che proprio in quei giorni stava registrando Thriller sotto l’egida di Quincy Jones. La rassegnata presa d’atto di un tradimento - Somebody’s Been Lying - offrì a Karen Carpenter lo spunto per una delle sue ultime, toccanti interpretazioni (Made In America). Firmata insieme a Neil Diamond, On The Way To The Sky è eseguita dalla band personale dello stesso cantautore che, a sua volta, ne avrebbe fatto la title-track di un suo celebre album. Su Sometimes Late At Night una donna allo specchio confessa a se stessa dubbi, sentimenti e rimorsi: il timbro rauco di Carole e il limpido controcanto di Melissa si fondono per esporre la melodia in un esaltante crescendo di emozioni. Sulle note di Wild Again, una vecchia fiamma riappare nei panni di Richard Page: che Bacharach abbia designato lui per duettare con la propria consorte la dice lunga sul talento dello stesso Page. Incorniciata in uno spettacolare arrangiamento soul, Easy To Love Again è una delle cinque canzoni del 1981. La rivoluzione A.O.R., allora in pieno corso, diffonde effetti benefici anche su Tell Her e Stronger Than Before: quest’ultima fu ripresa da Chaka Khan nel 1984 (I Feel For You). Burt si riserva il gran finale e, sulle note conclusive di You Don’t Know Me, interviene per dirigere l’orchestra in uno spettacolare riepilogo del “main theme”: lucciconi a go go. Il Bacharach “moderno” (Finder Of Lost Loves, That’s What Friends Are For, On My Own, Painted From Memory etc.) è partito da qui. Ora dobbiamo andare: tra poco passano a cambiarci il pannolone. - B.A.


WALTER BECKER & DONALD FAGEN - CATALYST (1968/1971)

WALTER BECKER & DONALD FAGEN - YOU GOTTA WALK IT LIKE YOU TALK IT (1970)

BEE GEES - MAIN COURSE (1975)

BEE GEES - TALES FROM THE BROTHERS GIBB / A HISTORY IN SONG 1967-1990


STEPHEN BISHOP - CARELESS (1976) FOREVER YOUNG

Un altro eccentrico che, come Ned Doheny, partecipava alla rivoluzione A.O.R. imbracciando una chitarra acustica: ma mentre Doheny guardava alla musica soul, Bishop partiva da Harold Arlen per arrivare ai Beatles, principale influenza riconosciuta dall’interessato. Il suo esordio dischiuse un forziere ricolmo di tesori che scatenarono l’avidità di artisti illustri ed esigenti. Art Garfunkel aveva già versato la sua parte di lacrime per The Same Old Tears On A New Background (Breakaway); stregata dalla melodia di Never Letting Go, Phoebe Snow scelse la canzone per intitolare il suo splendido album del 1977 (Never Letting Go); sempre a caccia di nuovo materiale, Helen Reddy interpretò One More Night sul sofisticato Ear Candy (ancora scandalosamente fuori catalogo); Chaka Khan collaborò direttamente al disco, impersonando la popolana partenopea in un pittoresco duetto con l’autore (Little Italy) e intervenendo con un potente gorgheggio sul finale di Save It For A Rainy Day. Stephen coniò l’espressione Rock And Roll Slave per una serenata di infinita dolcezza - ripresa con fiuto e convinzione da Cheryl Ladd (Dance Forever), avvenente bionda delle Charlie’s Angels - laddove un “rockettaro” qualsiasi ne avrebbe fatto uno slogan greve e pacchiano. L’approccio alla ballad è evidenziato da Every Minute, capolavoro in cui enfasi e semplicità convivono senza traumi. Introdotta da un arpeggio plastico ed elegante, Careless si giova di un felice spunto melodico e di una prova vocale che accentua le affinità con il modello di Paul McCartney. Tuttavia, la personalità di Bishop mantiene la propria caratura sia nei momenti più quieti (Madge) che durante gli episodi più dinamici (Sinking In An Ocean Of Tears). Con l’appoggio di colleghi prestigiosi (Eric Clapton, Andrew Gold, Leah Kunkel etc.), una nomination al Grammy e un successo a 45 giri (On And On), tutto sembrava funzionare alla perfezione. Purtroppo, dopo questo breve momento di notorietà, la carriera di Stephen subì un brusco arresto che gli ha impedito di diventare il nuovo James Taylor. Rassegniamoci: nell’era del videoclip le possibilità di imbattersi in un’opera prima di questo livello sono ridotte a zero. Definitivamente. La qualità hi-fi offerta dalla ristampa CD è una magra consolazione, ma questo passa il convento. - B.A.


STEPHEN BISHOP - BISH (1978) FOREVER YOUNG

Il seguito naturale di Careless, ma con parecchi soldi in più a disposizione, spesi con profitto per sontuosi arrangiamenti orchestrali e costosi collaboratori specializzati (David Foster, Michael McDonald, Greg Phillinganes, Bill Payne etc.). Dichiaratamente ‘beatlesiano’ (possiede una chitarra blu con l’incisione Beatles sulla tastiera), per di più dotato di una voce che evoca il McCartney più soave, Bishop è anche un profondo conoscitore della grande canzone americana, cui indirizza un doppio omaggio con l’affettuosa cover strumentale di If I Only Had A Brain, scritta da Harold Arlen e Yip Harburg, e con la tenera ballad What Love Can Do, dedicata allo stesso Harburg. L’autore di razza si manifesta con Losing Myself In You e Looking For The Right One, quest’ultima interpretata tre anni prima da Art Garfunkel, sullo splendido Breakaway. All’epoca Bishop era un songwriter corteggiatissimo dalle cantanti, tanto che Chaka Khan e Natalie Cole parteciparono in veste di semplici coriste su A Fool At Heart, serenata soul di cui Leah Kunkel ha offerto una versione non meno intensa dell’originale (Leah Kunkel). Ma Stephen sa essere personale e incisivo anche con brani più dinamici, come Everybody Needs Love, Vagabond From Heaven, I’ve Never Known A Nite Like This. Il melodista di classe ritorna all’amata 6 corde acustica con Only The Heart Within You e When I Was In Love. Di fronte a tanta eleganza, resta il rammarico per i pochissimi album pubblicati da un artista di questo livello. Uno scandalo. - B.A.


STEPHEN BISHOP - RED CAB TO MANHATTAN (1980)


STEPHEN BISHOP - SLEEPING WITH GIRLS (1985)

Francamente siamo stufi di abbozzare ancora con gente che latra contro “file sharing” e “free download” solo perché Internet riesuma oggi quel che loro hanno buttato nel cesso trenta anni fa. Ad esempio, perché non dovremmo augurare le peggio cose a chi cestinò senza scrupoli Ready To Bounce di Robert Kraft e Sleeping With Girls di Stephen Bishop? Cosa hanno in comune questi album? Dal momento che una cronaca troppo dettagliata rischia di appannare le responsabilità, se permettete, sintetizziamo: un bel giorno, gli executive delle rispettive case discografiche - capoccetti e sottopancia strafatti di cocaina ma potentissimi - decisero che quella roba non andava pubblicata. Punto.
Sleeping With Girls - L’autore che scrisse canzoni per Art Garfunkel, Phoebe Snow, Kenny Loggins ridotto a elemosinare uno straccio di contratto discografico, costretto a cambiare produttore quasi per ogni seduta (Gus Dudgeon, Greg Mathieson, Lee Holdridge etc.), una brillante carriera incenerita … ecco il combinato disposto di una gestione manageriale inetta e dell’indifferenza della “stampa specializzata”. Morale della favola: Sleeping With Girls fu messo in vendita solo a Hong Kong (LP) e, molti anni dopo, in Corea del Sud (CD). Il livello della musica è discontinuo, c’è qualche molesta sonorità anni Ottanta, quasi tutti i pezzi indispensabili saranno recuperati su Best Of Bish*, pregevole antologia della Rhino. Tuttavia, a giustificare la ricerca e l’acquisto del disco perduto di Stephen Bishop, oltre a Fallin’*, sontuosa ballad soul cantata insieme ai Tavares, Separate Lives*, ripresa in duetto da Phil Collins e Marilyn Martin per il film White Nights (Il Sole A Mezzanotte), It Might Be You*, celeberrimo tema composto da Dave Grusin per Tootsie, Someone’s In Love*, mancata pop-song da alta classifica, ci sono almeno l’accattivante melodia di Rhythm Of The Rain e la prestigiosa firma di Michel Legrand per Something New In My Life, tratta dalla colonna sonora di Micki & Maude. [P.S. - 1) Parole di Alan e Marilyn Bergman. 2) Altri esempi che spiegano il collasso del sistema: Introducing Sparks, Twisted Heart, August Moon, Common Knowledge.] - B.A.


STEPHEN BISHOP - BEST OF BISH (1988) FOREVER YOUNG

Semi-antologia della Rhino che, oltre a un’oculata selezione di brani dai primi tre dischi di Bishop, include i preziosi “avanzi” di un album “fantasma” (Sleeping With Girls), e alcuni temi scritti o cantati da Stephen per il cinema: It Might Be You (Tootsie), One Love (Unfaithfully Yours), la sua versione di Separate Lives, poi interpretata da Phil Collins e Marilyn Martin [White Nights (Il Sole A Mezzanotte)]. - B.A.


STEPHEN BISHOP - BOWLING IN PARIS (1989)

STEPHEN BISHOP - BLUE GUITARS (1994)

STEPHEN BISHOP - THE DEMO ALBUM 1 (2002)

STEPHEN BISHOP - THE DEMO ALBUM 2 (2002)

STEPHEN BISHOP - HAPPY BISHMAS (2002)

STEPHEN BISHOP - YARDWORK (2002)

FRANKIE BLEU - WHOS FOOLIN WHO? (1982)

BLISS BAND / PAUL BLISS - DINNER WITH RAOUL (1978)

BLISS BAND / PAUL BLISS - NEON SMILES (1979)

COLIN BLUNSTONE - ONE YEAR (1971)

COLIN BLUNSTONE - ENNISMORE (1972)

COLIN BLUNSTONE - JOURNEY (1974)

COLIN BLUNSTONE - PLANES (1976)

COLIN BLUNSTONE - NEVER EVEN THOUGHT (1978)

COLIN BLUNSTONE - LATE NIGHTS IN SOHO (1979)

TERENCE BOYLAN - ALIAS BOONA (1968)

TERENCE BOYLAN - TERENCE BOYLAN (1977)


TERENCE BOYLAN - SUZY (1980)

Sundown Of Fools, uno dei gioielli dell’album precedente, esprimeva il disagio di un artista schiacciato dallo show-biz e dalle assurdità del mondo discografico. Con lucida disillusione, Boylan riparte da lì, realizzando un capolavoro. Sedotto dall’intimità del jazz, Terence abbina le intuizioni di Jackson Browne alle forme espressive introdotte - in qualità di produttore - nel disco di Dane Donohue. Suzy irrompe con forza nella Los Angeles in decomposizione cantata da Marc Jordan (Mannequin), Little Feat (The Last Record Album), Steely Dan (Aja). Tutto è dosato fino all’ultima nota, con la presenza attiva di Michael Omartian, Jai Winding, Russ Kunkel, Ed Greene, Jay Graydon, Larry Carlton: i riff chitarristici di Shake Your Fiorucci (che ricordano Layla); le superbe armonie vocali di Did She Finally Get To You (Don Henley, Tim Schmit); l’immensa profondità melodica di End Of The World; le sofisticate progressioni armoniche di Tell Me. - Mauro Ronconi


BONNIE BRAMLETT - SWEET BONNIE BRAMLETT (1973)


BONNIE BRAMLETT - IT’S TIME (1974)

Generalità: nata sul confine tra Illinois e Missouri, bianca come il latte, bionda come il grano, ma dotata di una voce da autentica “soul sister”. Non per nulla Bonnie esordì nel coro femminile che accompagnava Ike & Tina Turner, ricorrendo a parrucca afro e fondotinta scuro per sembrare una “vera” Ikette. Conclusa l’esperienza professionale col marito Delaney Bramlett, che l’aveva portata a collaborare con George Harrison, Eric Clapton e Leon Russell, la cantante inaugura un’esemplare carriera solista, realizzando almeno tre lavori di pregio. Dopo l’ottimo Sweet Bonnie Bramlett, inciso con la Average White Band, e forte della lusinghiera partecipazione a Dixie Chicken dei Little Feat, Bonnie approda alla Capricorn, gloriosa etichetta sudista editrice di gruppi come Allman Brothers, Grinderswitch e Marshall Tucker Band. Grazie al versatile piano elettrico di Chuck Leavell e a una robusta sezione fiati, gli arrangiamenti del nuovo disco affinano l’impasto di blues, funk, gospel, country e rock ‘n’ roll su cui la Bramlett imperversa con sensuali sussurri (Cowboys And Indians) e grida squassanti (Your Kind Of Kindness; Atlanta, Georgia). Stando ai ricordi di Bonnie, It’s Time e Oncoming Traffic erano le ballad attorno cui ruotava il resto del materiale: magnifiche, certo, ma noi segnaliamo le due perle firmate dal compianto “nero a metà” Eddie Hinton (Cover Me; Where You Come From) e una bella versione della serenata di Ivory Joe Hunter (Since I Met You Baby). Album indispensabile per quei collezionisti che spulciano le bancarelle alla ricerca di vecchi LP di Rita Coolidge, Elkie Brooks, Maria Muldaur etc. - B.A.


BONNIE BRAMLETT - LADY’S CHOICE (1976)

ELKIE BROOKS - RICH MAN’S WOMAN (1975)

ELKIE BROOKS - TWO DAYS AWAY (1977)

ELKIE BROOKS - SHOOTING STAR (1978)


ELKIE BROOKS - LIVE AND LEARN (1978)

A metà degli anni Settanta Elkie Brooks era un’attraente cantante inglese di origine ebrea (Elaine Bookbinder) cresciuta nei Dada di Paul Korda e, accanto a Robert Palmer, nei gloriosi ma effimeri Vinegar Joe. In entrambi i complessi, la ragazza aveva imposto una voce roca e lussuriosa ben prima dell’arrivo sulle scene di Bonnie Tyler e Kim Carnes. La notorietà di Elkie rimarrà circoscritta entro i confini britannici anche dopo la stipula del contratto con l’A&M ma, per i devoti al culto A.O.R., i suoi primi sei album sono altrettanti classici. Avvalendosi ancora della preziosa assistenza di Jerry Leiber e Mike Stoller, già sperimentata con successo su Two Days Away e Shooting Star, Elkie approda al quarto disco consacrando la propria caratura di grande interprete: i due autori si confermano in vena con le eleganti ballad Dreamdealer e On The Horizon, per poi firmare He Could Have Been An Army insieme a Mickey Jupp (chi si ricorda del suo Long Distance Romancer prodotto da Godley & Creme?); il funk dinoccolato di Viva La Money rivela l’inconfondibile tocco sudista di Allen Toussaint, mentre If You Can Beat Me Rockin’ (You Can Have My Chair), già incisa da Laura Lee (Two Sides Of Laura Lee), reca il prestigioso sigillo soul di Lamont Dozier e Brian Holland; The Rising Cost Of Love è una digressione “disco”, a quei tempi quasi obbligatoria; la perla del CD è The Heartache Is On, dolente ballad dalla melodia tanto semplice quanto irresistibile. - B.A.


ELKIE BROOKS - PEARLS (1981)

Nonostante l’indiscusso valore dei suoi dischi, fino al 1981 la carriera di Elkie Brooks tardò a decollare. Imprevedibilmente, con una scaltra antologia di singoli e cover, arriva la svolta. Il progetto prendeva spunto da un’incisione risalente a Two Days Away (Pearl’s A Singer). Immedesimandosi nella protagonista di una ballata agrodolce di Jerry Leiber e Mike Stoller, Elkie metteva a nudo se stessa: la figura della cantante ai margini dello show-biz era quasi autobiografica e contribuì a trainare l’intero album. Il resto del repertorio è vario, prestigioso e copre un periodo di quattro anni a partire dal 1977: su ogni arrangiamento Elkie esibisce una stupenda maturità espressiva, denotando gusti da vera intenditrice: (Groupie) Superstar di Leon Russell e Bonnie Bramlett, già registrata da Delaney & Bonnie (D. & B. Together), Carpenters (Carpenters) e Bette Midler (The Divine Miss M); Fool (If You Think It’s Over), elegante pop-song di Chris Rea dal ritornello infallibile (Whatever Happened To Benny Santini?); Too Busy Thinking About My Baby, storica pagina soul scritta da Norman Whitfield, Barrett Strong e Janie Bradford per Marvin Gaye (M.P.G.); If You Leave Me Now di Peter Cetera (Chicago X); Paint Your Pretty Picture di Bill Withers (Making Music); Sunshine After The Rain, di Ellie Grenwich; Lilac Wine, proibitiva sfida all’icona di Nina Simone (Wild Is The Wind); Don’t Cry Out Loud di Peter Allen e Carole Bayer Sager [Peter Allen (I Could Have Been A Sailor); Melissa Manchester (Don’t Cry Out Loud); Shirley Bassey (All By Myself)]; Dance Away di Richard Kerr e Troy Seals, quasi migliore della versione di Barry Manilow (Barry). Uno sfarzoso collier di “perle” adatto a tutte le stagioni. - B.A.


ELKIE BROOKS - PEARLS II (1982)

ELKIE BROOKS - MINUTES (1984)

ELKIE BROOKS - SCREEN GEMS (1984)

ELKIE BROOKS - INSPIRATION (1989)

JACKSON BROWNE - JACKSON BROWNE (SATURATE BEFORE USING) (1972)

JACKSON BROWNE - FOR EVERYMAN (1973)

JACKSON BROWNE - LATE FOR THE SKY (1974)

JACKSON BROWNE - THE PRETENDER (1976)

JACKSON BROWNE - HOLD OUT (1980)

JIMMY BUFFETT - A WHITE SPORT COAT AND A PINK CRUSTACEAN (1973)

JIMMY BUFFETT - LIVING AND DYING IN ¾ TIME (1974)

JIMMY BUFFETT - A-1-A (1974)


JIMMY BUFFETT - HAVAÑA DAYDREAMIN’ (1976) FOREVER YOUNG

Purtroppo c’è ancora chi denigra Jimmy Buffett, descrivendolo come una specie di James Taylor dei poveri. Il suo stile sincero è stato spesso frainteso e giudicato banale. Certo, la sua musica è fatta di poche cose, semplici e oneste: chitarre acustiche, armoniche a bocca, storie di marinai, velieri e spiagge lontane. Eppure un’estate al mare trascorsa senza questo album è come un film senza colonna sonora. Le atmosfere caraibiche di Havaña Daydreamin’ intoneranno una soave ninna-nanna per la pennichella sotto l’ombrellone; Defying Gravity cullerà dolcemente la vostra barca sorpresa dalla bonaccia; la commovente The Captain And The Kid stenderà un velo di nostalgia sul tramonto ammirato dalla veranda; This Hotel Room e My Head Hurts, My Feet Stink And I Don’t Love Jesus vi daranno l’energia per recuperare la sbronza del sabato sera. Ascoltando Something So Feminine About A Mandolin scoprirete che la similitudine tra il fondoschiena femminile e lo strumento a corde è più sottile di un riduttivo parallelo tra sagome tondeggianti. E se proprio avete deciso di fuggire su un’isola deserta, ecco un bagaglio da mettere insieme a pinne e maschera. - B.A.


JIMMY BUFFETT - CHANGES IN LATITUDES, CHANGES IN ATTITUDES (1977)

C’è almeno un altro capitolo essenziale nella discografia di Jimmy Buffett, anche per chi non volesse approfondire l’argomento più di tanto. Changes In Latitudes, Changes In Attitudes rappresenta (con Havaña Daydreamin’) il minimo indispensabile che in una collezione degna di questo nome non dovrebbe mancare. La semplicità melodica della title-track potrà indispettire tutt’al più qualche trombone della carta stampata, ma l’incontenibile gioia di vivere trasmessa dalla canzone riuscirebbe a consolare anche chi avesse appena assistito a un’edizione serale del TG4. E che perversa forma di autolesionismo sarebbe mai rinunciare al profumo di salsedine che puntualmente ci inebria i sensi ogni volta che ascoltiamo Margaritaville? Altrettanto imperdibile la versione originale di Banana Republics, un amaro racconto sudamericano scritto da Steve Goodman. Quando avrete memorizzato Wonder Why We Ever Go Home, sarà già ora di uscire a cercare altri dischi di Jimmy. - B.A.


JIMMY BUFFETT - SON OF A SON OF A SAILOR (1978)

JIMMY BUFFETT - VOLCANO (1979)

JIMMY BUFFETT - COCONUT TELEGRAPH (1981)

JIMMY BUFFETT - SOMEWHERE OVER CHINA (1981)

JIMMY BUFFETT - ONE PARTICULAR HARBOUR (1983)

JIMMY BUFFETT - RIDDLES IN THE SAND (1984)

JIMMY BUFFETT - LAST MANGO IN PARIS (1985)

JIMMY BUFFETT - FLORIDAYS (1986)

JIMMY BUFFETT - HOT WATER (1988)

JIMMY BUFFETT - OFF TO SEE THE LIZARD (1989)

JIMMY BUFFETT - FRUITCAKES (1994)

JIMMY BUFFETT - BAROMETER SOUP (1995)

JIMMY BUFFETT - BANANA WIND (1996)

BUGATTI & MUSKER - THE DUKES (1982)

ROBERT BYRNE - BLAME IT ON THE NIGHT (1979)

BYRNE & BARNES - AN EYE FOR AN EYE (1981)

 

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