Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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FRANK ZAPPA

 
... INFORMATION IS NOT KNOWLEDGE, KNOWLEDGE IS NOT WISDOM, WISDOM IS NOT TRUTH, TRUTH IS NOT BEAUTY, BEAUTY IS NOT LOVE, LOVE IS NOT MUSIC. MUSIC IS THE BEST ... (F.Z.)

«Non credo che Elmore James prendesse il suo collo di bottiglia e facesse “reedledee-deedelee-deedelee-deedee” per stimolare la capacità di qualcuno a produrre un cambiamento sociale. Non penso che fosse questo il motivo. E penso che l’idea secondo cui il blues sarebbe una musica “di lotta” sia soltanto una meschinità inventata dalla gente bianca per giustificare il fatto che lo ascoltano. Perchè se c’è una cosa che tutte queste nullità accademiche bianche hanno in comune è che non sanno apprezzare le emozioni! Penso che la ragione della maggior parte di quella roba sia semplicemente che quel tale la voleva suonare e voleva fare quel rumore. Questo è il suo messaggio: ha condensato tutta la sua estetica in quel “reedledee-deedelee-deedee”. Ecco la sua intenzione, e non si preoccupava se qualcuno in una università da qualche parte lo intendesse come una forza propellente del cambiamento sociale.»
FRANK ZAPPA


«Devi capire una cosa: la gente bianca non è indicata dal colore della pelle. Vedi, non sto parlando di pigmenti, ma dell’atteggiamento dei bianchi. C'è un sacco di gente nera che ha assunto un atteggiamento da bianco, e ti dirò, è questo il motivo per cui non c’è più del buon rhythm and blues! Hanno accettato che queste cose da bianchi andassero bene per loro. E' terribile. Non hanno qualche modo migliore per passare il tempo?»
FRANK ZAPPA


«Bene, prima di tutto diciamo che in tutte le situazioni nelle quali si suona una musica orrenda, sostenere che dietro ci sia una funzione sociale aiuta sempre ad avere un elaborato sistema filosofico che la comprenda, per razionalizzare il suo orrore. Questa è stata la mia esperienza con la maggior parte dell’avanguardia.»
FRANK ZAPPA


L’inizio degli anni Ottanta ci ha regalato MTV, e la musica è cambiata per sempre, trasformandosi in un medium video, da audio che era. La musica va consumata attraverso le orecchie, e nessuno me lo toglierà mai dalla testa.

Per sentire qualcosa di positivo a proposito degli anni Ottanta bisognerebbe uscire dalla condizione umana, perché negli anni Ottanta, di condizione umana vera ce n’è stata pochissima, e quella poca non è stata salvaguardata.

L’unico modo di apprezzare gli anni Ottanta è non considerarli affatto.
FRANK ZAPPA


   

FRANK ZAPPA - FREAK OUT! (1966)

FRANK ZAPPA - ABSOLUTELY FREE (1967)


FRANK ZAPPA - LUMPY GRAVY (1967)

Zappa nutriva una speciale predilezione per questo album così atipico e molti anni dopo, già gravemente debilitato, si riallaccerà ad esso nella stesura del capolavoro (postumo) Civilization Phaze III. La Capitol gli aveva commissionato un’opera orchestrale, finanziando il progetto con 40.000 dollari. In risposta, Zappa realizzò il disco più bello del 1967 - a pari merito con Sgt. Pepper - proponendo un’alternativa radicale e anarcoide al “flower power” della Bay Area. È alquanto arduo spiegare Lumpy Gravy se non si dispone di un’erudita competenza accademica. La perspicacia di Frank ci viene in aiuto. Individuando un’analogia concettuale tra le visionarie composizioni di Edgar Varèse e le sculture “mobili” di Alexander Calder, egli descriveva con acume anche la propria musica: un gioco continuo di pesi e contrappesi, volume e densità, tensione e abbandono. Questa similitudine trova in Lumpy Gravy l’esempio più estremo: un collage impazzito di rumori, passaggi dissonanti, schegge di 20° Secolo, dixieland che sbuca dal nulla, dialoghi tra personaggi reclusi in un pianoforte (!), motivetti cretini, melodie orientali, risate isteriche, nastri a doppia velocità, grugniti, latrati e la sovversiva “sinfonia” che occupa quasi tutta la seconda parte (Lumpy Gravy II). Presi singolarmente, i frammenti del mosaico possono disorientare, ma se si trova la concentrazione per ascoltare il materiale assemblato nel suo insieme, come puro suono, il miracoloso senso dell’equilibrio e la perfezione del disegno generale diventano evidenti. Lo scrittore inglese Ben Watson si spinse a dichiarare che «[…] simply because of its refusal to be measured by any external standard, the album remains one of the great moments of Modern Art […]». Ineccepibile. - B.A.


FRANK ZAPPA - WE’RE ONLY IN IT FOR THE MONEY (1968)

FRANK ZAPPA - CRUISING WITH RUBEN & THE JETS (1968)

FRANK ZAPPA - UNCLE MEAT (1969)


FRANK ZAPPA - HOT RATS (1969)

Quasi esclusivamente strumentale (a parte un breve intervento di Captain Beefheart), per i più nostalgici è il capolavoro di Zappa. In realtà, la mole colossale e la qualità stupefacente della sua produzione discografica non consentono un pronunciamento equilibrato a riguardo. Tuttavia, Hot Rats è effettivamente il frutto più maturo dei primissimi anni (1966/1970) e, come tutte le incisioni di Frank, vanta tuttora una prodigiosa resistenza al tempo. Temi immortali (Peaches En Regalia; Little Umbrellas), sofisticate aperture jazz (It Must Be A Camel), arrangiamenti elaborati e avanzatissimi (Son Of Mr. Green Genes), memorabili gare di improvvisazione con Sugar Cane Harris e Ian Underwood (The Gumbo Variations). Su Willie The Pimp, la sonorità grassa e potente della chitarra anticipa le lunghe orazioni elettriche di Shut Up ‘n Play Yer Guitar. Il remix del 1987 portò alla luce alcune piste registrate durante le sedute originali, assenti nella versione Long Playing: ripristinate nel master definitivo, vennero incluse nelle successive ristampe CD. In qualsiasi collezione seria, questo album non dovrebbe mancare. - B.A.


FRANK ZAPPA - BURNT WEENY SANDWICH (1970)

FRANK ZAPPA - WEASELS RIPPED MY FLESH (1970)

FRANK ZAPPA - CHUNGA’S REVENGE (1970)

FRANK ZAPPA - FILLMORE EAST - JUNE 1971 (1971)


FRANK ZAPPA - 200 MOTELS (1971)

«The executives at United Artists must have gulped too many Martinis when they allotted Frank “No Commercial Potential” Zappa $630.000 to make a movie and soundtrack in 1970 […]» Come vedete, anche i redattori di Down Beat sbagliano e quella di Frank-John Hadley è solo l’ennesima, volgare calunnia. In realtà, il progetto di 200 Motels venne finanziato perché allora si osava di più e persino i manager - devoti al comandamento “ars gratia artis” (art for art’s sake) - erano dotati di immaginazione, lungimiranza e prodigalità. “Se un prodotto non rende, sono soldi sprecati”, direbbe lo yuppie saputello di turno. A costui ricordiamo che Zappa, ormai indebolito dal cancro ma fermamente intenzionato a non lasciare gli eredi in balia dell’industria discografica, istruì la moglie Gail affinché cedesse i diritti di tutti i propri album al miglior offerente. La Rykodisc si aggiudicò l’inestimabile catalogo. Il prezzo di vendita non fu rivelato ma, per far fronte alla spesa, l’etichetta di Salem dovette operare una ricapitalizzazione di 44.000.000 di dollari del 1994 (Greg Russo racconta la vicenda nel suo Cosmik Debris: The Collected History And Improvisations Of Frank Zappa). Morale: prima o poi anche l’arte trova un mercato, purché ci sia qualcuno in grado di apprezzarne il valore e, magari, di intuirlo in anticipo. Anche dopo l’ennesima visione, 200 Motels investe lo spettatore con immagini anarchiche, surreali, confuse, ma proprio per questo incisive, provocatorie, tipicamente zappiane. Stesa in gran parte durante i tour mondiali, la sceneggiatura - si fa per dire - documenta la vita “on the road” osservata attraverso lo sguardo eccentrico dell’autore. Individuati i Pinewood Studios di Londra come location, Zappa spese subito parte del budget per sottoporre le proprie partiture alla Royal Philharmonic Orchestra, condotta fisicamente sul luogo delle riprese. Su un palcoscenico trasformato in campo di concentramento si avvicendano senza sosta i personaggi più bizzarri: Theodore Bikel è il narratore di turno, ruolo a cui Zappa attribuì sempre una grande importanza (per i concerti immortalati su Zappa In New York scritturò Don Pardo, annunciatore del Saturday Night Live; per Joe’s Garage prestò egli stesso la propria voce, filtrata da un megafono, all’occhiuto “Central Scrutinizer”); nei panni di “Larry the Dwarf” Ringo Starr impersona l’alter-ego di Frank; Keith Moon recita travestito da suora; il pellerossa Jimmy Carl Black interpreta un redneck razzista e reazionario (Lonesome Cowboy Burt); Mark Volman e Howard Kaylan (Flo & Eddie) impazzano fra gag squinternate e riottosi interventi vocali. Insomma, un delirio, ma ci si torce dal ridere. Con un monologo affidato al batterista dei Beatles, Zappa riflette sull’emarginazione vissuta dal musicista classico-contemporaneo nella società odierna, tema che verrà ulteriormente approfondito con l’autobiografia (The Real Frank Zappa Book). I passaggi strumentali costituiscono la parte più sostanziosa, combinando con l’abituale virtuosismo rock e avanguardia (Semi-Fraudolent/Direct-From-Hollywood Overture; Dance Of The Just Plain Folks; Touring Can Make You Crazy; Janet’s Big Dance Number; Lucy’s Seduction Of A Bored Violinist; Does This Kind Of Life Look Interesting To You? etc.). Nel suo libro The Complete Guide To The Music Of Frank Zappa, il poeta inglese Ben Watson ha recensito con particolare sagacia alcuni brani: «[…] Magic Fingers showed that Zappa had been listening to Black Sabbath. […] The descending riff and his own live-on-screen guitar solo detonated new depths of heaviness. […] This Town Is A Sealed Tuna Sandwich is a Brechtian portrayal of the sordidness and tedium of the modern metropolis. […]». Finalizzate a commentare le ingegnose animazioni di Cal Schenkel incluse nella pellicola, I’m Stealing The Towels e Dental Hygiene Dilemma sbeffeggiano la stucchevole retorica hippy dell’epoca, anticipando lo stile “cartoon” del capolavoro The Adventures Of Greggery Peccary (Läther; Studio Tan). L’inequivocabile soggetto di Penis Dimension va ad aggiungersi alla mitica Tengo Na Minchia Tanta (Uncle Meat). Con la sua atmosfera da colonna sonora per B-movie, Centerville accompagna una scena montata con effetti speciali veramente ridicoli. Would You Like A Snack? è una melodia jazz esposta col fischio e poi rilanciata dal canto pseudo-operistico del coro. Oltre al film originale, esiste un documentario relativo alla genesi dell’opera (The True Story Of ‘200 Motels’), fondamentale per saperne di più. [P.S. - 1) Ironia della sorte: l’unico titolo di cui Zappa non riuscì mai a recuperare il copyright era proprio 200 Motels. La MGM, proprietaria del marchio United Artists, si decise a concedere la licenza per la ristampa solo nel 1997, quando verificò gli “utili” realizzati dalla Rykodisc. No comment. 2) Il doppio CD contiene un magnifico booklet, una mini-riproduzione della locandina, quattro spot radiofonici e il trailer promozionale di 3 minuti riversato su file “mpg”.] - B.A.


FRANK ZAPPA - WAKA/JAWAKA (1972)

FRANK ZAPPA - THE GRAND WAZOO (1972)

C’era una volta un uomo buono. Provvisto di un talento immenso. Votato alla causa della musica. Capace di un’ironia corrosiva, intelligente, sempre indirizzata verso i giusti bersagli (droga, religione, censura, TV, conformismo etc.). A soli 52 anni, Frank Zappa fu sconfitto dal tumore. Viceversa, ci ritroviamo con un esercito di servi, manigoldi e gaglioffi che scoppiano di salute. E non basterebbe a consolarci il pur impagabile sollazzo di ammirare la smorfia apoplettica del “Senatùr”, che ormai somiglia a Gianni Zullo dei Brutos, se non avessimo a disposizione album come Waka/Jawaka e The Grand Wazoo. Poche note diffuse dall’impianto stereo … e sui volti degli oppressi torna un sorriso. Partendo dalla formula che aveva immortalato Hot Rats*, Zappa combina le proprie preziose partiture all’idioma jazz, impiegando un vasta gamma di ance e ottoni per irrobustire il tessuto degli arrangiamenti. L’uso creativo e anticonvenzionale dell’organico ampliato a “big band” - una solida sezione ritmica inglese [Aynsley Dunbar (batteria), Alex “Erroneous” Dmochowski (basso)], due virtuosi della tastiera (George Duke, Don Preston), un manipolo di raffinati fiatisti [Sal Marquez (tromba), Bill Byers (trombone), Mike Altschul (sax, flauto), Ernie Watts (sax) etc.] - produce alcune delle più belle pagine del Maestro, che partecipò alle session costretto sulla sedia a rotelle dopo l’infortunio di Londra (10 Dicembre 1971). Il convulso tema di Big Swifty sprona una cavalcata strumentale di oltre 17 minuti, con spazi enormi lasciati alla libera interlocuzione tra piano elettrico (Duke), sordina (Marquez) e chitarra (Zappa). Sulla cantabile melodia di Waka/Jawaka, Preston disegna uno stupendo assolo di sintetizzatore, seguito dalla degna replica di Zappa, da un elegante intermezzo di Dunbar e da un articolato riepilogo conclusivo. Il bizzarro “concept” di The Grand Wazoo - paradigma caricaturale del microcosmo rock - descrive la guerra tra l’imperatore “romano” Cletus Awreetus-Awrightus e l’esercito dei Mediocrates Of Pedestrium, combattuta con reciproco lancio di minime, biscrome e semibrevi. La colonna sonora del conflitto immaginario consta di cinque composizioni che esaltano il genio di Zappa come autore e solista. Le brillanti dissonanze di For Calvin (And His Next Two Hitch-Hikers) preludono alla fuga swing-fusion di The Grand Wazoo, incalzata dagli squisiti interventi di Byers e Marquez. Dal roboante pentagramma di Cletus Awreetus-Awrightus prorompe l’ennesima, irresistibile parodia operistica. Eat That Question passa dal liquido fraseggio preliminare di Duke al bellicoso riff collettivo che ne farà uno dei classici di Zappa, conosciuto e amato quanto Peaches En Regalia (Hot Rats): il gruppo di Lele Marchitelli (Avanzi Sound Machine) lo interpretò magistralmente in una puntata del programma Tunnel. Blessed Relief è una sofisticata ballad sospesa sull’ipnotica cadenza del valzer: le rispettive improvvisazioni di Marquez, Duke e Zappa sono altrettante poesie in cui si sublimano bravura e feeling. [P.S. - 1) *Si osservino i rubinetti del lavandino: il riferimento a Hot Rats è evidente fin dalla copertina di Waka/Jawaka. 2) Entrambi i brani verranno ripresi dal vivo sullo splendido Make A Jazz Noise Here. 3) Con la ristampa CD di The Grand Wazoo, la Ryko commise un piccolo sacrilegio, sostituendo il logo della Reprise, presente nel dipinto di Cal Schenkel, col proprio. 4) La stessa Ryko, tuttavia, ha pubblicato un meraviglioso cofanetto triplo (Threesome N°2) comprendente Hot Rats, Waka/Jawaka e The Grand Wazoo. Ne suggeriamo l’acquisto prima di subito.] - B.A.


FRANK ZAPPA - IMAGINARY DISEASES (1972)

FRANK ZAPPA - WAZOO (1972)


FRANK ZAPPA - OVER-NITE SENSATION (1973)

FRANK ZAPPA - APOSTROPHE (’) (1974)

FRANK ZAPPA - ONE SIZE FITS ALL (1975)

Grazie a una formazione stabile e all’interessante “conceptual continuity” di talune composizioni, nella discografia di Frank Zappa è possibile individuare singole fasi improntate a una certa omogeneità stilistica. Dopo due memorabili saggi sull’estetica jazz (Waka/Jawaka; The Grand Wazoo), Frank inaugura un’entusiasmante trilogia concepita in studio, composta in prevalenza di episodi cantati, ma in cui gli interventi strumentali rasentano la perfezione: l’incendiaria chitarra del leader è “accompagnata” infatti da George Duke (tastiere/voce), Napoleon Murphy Brock (sax/voce), Jean-Luc Ponty (violino), Ruth Underwood (percussioni), Bruce Fowler (trombone), Tom Fowler (basso), Ralph Humphrey e Chester Thompson (batteria), una macchina da musica in grado di eseguire con disinvoltura e sentimento qualsiasi spartito. Assunto l’inedito ruolo di cantante, Zappa usa la propria voce - più bassa di 1/3 di ottava in seguito all’incidente subìto a Londra - per inquadrare in una prospettiva teatrale l’interpretazione dei testi. Il taglio umoristico-sociologico delle storie, unito alla complessità degli arrangiamenti, dà vita a una sarabanda sonora animata da personaggi sregolati ed eccentrici (Zomby Woof; Uncle Remus; Po-Jama People). Riallacciandosi idealmente alla profetica riflessione di Orson Welles sul potere dei media (Citizen Kane), Frank prevede gli effetti letali della TV vent’anni prima che un palazzinaro golpista, corrotto e in odore di mafia diventasse il caudillo dell’etere: la denuncia di I’m The Slime (Over-Nite Sensation) non avrebbe potuto essere più lucida ed efficace. Ostinatamente agnostico, materialista in senso anti-autoritario, scettico nell’accezione positiva del termine, Zappa dedica un’invettiva in chiave blues (Cosmik Debris) alla “spazzatura” dei tarocchi e delle sfere di cristallo, quando ancora il fenomeno delle tele-fattucchiere non aveva assunto le dimensioni di una piaga sociale. Ma Apostrophe (’) offre anche altre ghiottonerie: una bizzarra suite dedicata alle avventure di un piccolo eschimese (Don’t Eat The Yellow Snow; Nanook Rubs It; St. Alphonzo’s Pancake Breakfast; Father O’Blivion) e una stravagante disquisizione sull’igiene dei piedi (Stink-Foot), che però contiene un assolo degno di figurare su Shut Up ‘n Play Yer Guitar. Il sesso rimane uno dei temi prediletti dall’autore, che non perde occasione per titillare i sensi dell’America puritana (Dirty Love; Dinah-Moe Humm). Indicato in vari referendum come l’album preferito dagli appassionati, One Size Fits All chiude la saga di questa splendida band con alcuni classici intramontabili: Andy e Florentine Pogen, superbe sintesi di avanguardia, progressive e fusion, in cui l’istrionismo espressivo di Brock è insidiato solo da una frastornante gamma di invenzioni ritmico-melodiche; Inca Roads, “feuilleton” fantascientifico che sbeffeggia l’ipotesi di atterraggi alieni sulle Ande; Sofa, turgido valzerone pianistico che verrà riproposto in una versione travolgente su Zappa In New York. Sognate una vecchiaia serena? Custodite questi CD in uno scaffale e tirateli fuori nei momenti difficili. - B.A.


FRANK ZAPPA - ROAD TAPES / VENUE #2 (1973)

FRANK ZAPPA - PIQUANTIQUE (1973)

Che il Maestro ci perdoni … ci sono voluti quarant’anni per togliere dall’imbarazzo i collezionisti … prima della meritoria pubblicazione di questo sensazionale Road Tapes / Venue #2, uno dei suoi dischi più belli era il bootleg legalizzato Piquantique. Un paradosso spiegabile col fatto che, di quella band straordinaria - lo stesso personale di Roxy & Elsewhere e You Can’t Do That On Stage Anymore Vol. 2 / The Helsinki Concert* , raccolto attorno a George Duke e Ruth Komanoff, con Ralph Humphrey a posto di Chester Thompson, senza Napoleon Murphy Brock ma con Ian Underwood e Jean-Luc Ponty, altrimenti parte del vasto organico di Over-Nite Sensation e Apostrophe (‘) - non esisteva alcuna documentazione sonora ufficiale. Una sciagura a cui, secondo noi opportunamente, alcuni ascoltatori avevano posto rimedio distribuendo in via clandestina registrazioni dal vivo effettuate di straforo a Sydney e Stoccolma: nonostante una qualità audio scadente, in assenza di meglio ci si contentava. Ora quelle memorabili esecuzioni trovano l’adeguata cornice hi-fi in un doppio CD prodotto dallo Zappa Family Trust che porta a sei il numero delle opere postume indispensabili (Civilization Phaze III, Läther, Imaginary Diseases, Trance-Fusion, Wazoo). La musica è assolutamente incredibile: lunghi brani strumentali (Dupree’s Paradise), umori jazz assimilati dai capolavori appena incisi (Waka/Jawaka, The Grand Wazoo), splendide pagine del recente passato (The Eric Dolphy Memorial Barbecue, The Dog Breath Variations, Uncle Meat, Big Swifty) e del futuro prossimo (Don’t You Ever Wash That Thing?, RDNZL), inarrivabili virtuosismi della Komanoff, spaventosi assoli di Zappa e Ponty. Una formazione senza eguali, forse la migliore tra le tante succedutesi agli ordini del compositore/chitarrista, da collocare accanto ai più grandi complessi di improvvisatori del Novecento (quartetto di John Coltrane con McCoy Tyner ed Elvin Jones, quintetto di Miles Davis con Wayne Shorter e Herbie Hancock, sestetto di Charles Mingus con Eric Dolphy e Clifford Jordan, combo di Phil Woods con Tom Harrell, omonimo gruppo di Bill Bruford con Dave Stewart e Allan Holdsworth etc.). In sostanza, oltre a data e location - 21 Agosto 1973 a Stoccolma per Piquantique, 23 e 24 Agosto 1973 a Helsinki per Road Tapes / Venue #2 - la differenza decisiva tra l’album “illegale” e quello “autenticato” consiste nella performance trafugata con mezzi di fortuna del primo, rispetto all’alta fedeltà ottenuta con apparecchiature professionali del secondo … il bene trionfa … staccate il telefono, spegnete il cellulare, indossate la cuffia … buon divertimento. [P.S. - *Attenzione a non confondere Road Tapes / Venue #2 e You Can’t Do That On Stage Anymore Vol. 2 / The Helsinki Concert: sono volumi relativi a concerti tenuti nella stessa città ma in momenti diversi (1973/1974).] - B.A.


FRANK ZAPPA - ROXY & ELSEWHERE (1974)

Durante il triennio 1973/1974/1975 Zappa riuscì ad assemblare un collettivo a cui molti appassionati sono tuttora legati in modo speciale. La sezione ritmica era affidata al solido basso di Tom Fowler e all’eclettismo di Chester Thompson, batterista che vanta un curriculum (Weather Report, Genesis etc.) paragonabile solo a quello di Bill Bruford. Sotto la direzione del leader, Ruth Underwood (marimba/xilofono) percorreva le tortuose curve melodiche di Echidna’s Arf (Of You) e Don’t You Ever Wash That Thing? con l’eleganza di una ballerina, mentre il rituale del concerto veniva officiato da George Duke - virtuoso delle tastiere - e Napoleon Murphy Brock, intrattenitore dalla personalità straripante, scovato da Zappa in un bar delle Hawaii: invitato a entrare nella band, Brock procrastinò l’adesione alle Mothers per onorare l’ingaggio nel locale in cui si esibiva. La cosa colpì il professionista Zappa molto favorevolmente. Il poeta inglese Ben Watson ha intuito con perspicacia il segreto di questo splendido album: «Brock’s infectious humour and vocal gymnastics permeate Roxy & Elsewhere, his repartee with George Duke providing perfect specimens of 70's soul-bro' jive». - Alcune delle più belle canzoni di Frank (Penguin In Bondage; Village Of The Sun; Pygmy Twylyte; Son Of Orange County; More Trouble Every Day) precedono la lunga Be-Bop Tango (Of The Old Jazzmen’s Church), surreale sceneggiata nel corso della quale assistiamo alle fenomenali acrobazie del fedele Bruce Fowler (trombone) e a un’esilarante esibizione di Frank nei panni di cerimoniere. Illustrando il tema di Cheepnis con un gustoso preambolo, Zappa confessa il proprio amore viscerale per i film di fantascienza a basso costo, facendoci sentire ancora più spaesati in mezzo al vuoto incolmabile che ci assedia. Sostanziosi ritocchi tecnici apportati all’incisione live garantiscono arrangiamenti accurati e un’ottima qualità sonora. - B.A.


FRANK ZAPPA - BONGO FURY (1975)


FRANK ZAPPA - ZOOT ALLURES (1976)

Piluccare il catalogo di Zappa secondo l’arbitrio personale è un capriccetto stronzo, oltre che sbagliato. Noi pensiamo che si debba avere tutto, senza “se” e senza “ma”. Ad esempio, Zoot Allures è spesso considerato un album minore, eppure contiene quattro brani assolutamente indispensabili. In copertina è ritratta la sezione ritmica di Zappa In New York (Eddie Jobson, Pat O’Hearn, Terry Bozzio*) che però, a parte il batterista*, non coincide con la band presente nel disco: nei vari pezzi, infatti, si alternano Roy Estrada e Dave Parlato al basso elettrico, André Lewis alle tastiere, la fedele Ruth Underwood alla marimba e personaggi vari al microfono. Wind Up Workin’ In A Gas Station, Find Her Finer, Ms. Pinky, Wonderful Wino e Disco Boy sono buffe parodie rock in cui gli argomenti più diversi (lavori alienanti, bambole di plastica, casi umani, piaghe sociali) vengono trattati con caustica ironia. L’atroce supplizio blues messo in scena su The Torture Never Stops anticipa di trent’anni la cruenta metafora socio-politica del film Hostel, musicando il rantolo di una generazione nata, cresciuta e defunta con la TV piduista. I tre brani strumentali valgono il disco: 1) costruito su un accattivante schizzo melodico, Black Napkins rimane uno dei più bei saggi per chitarra di Zappa e nessuno dei pur splendidi arrangiamenti successivi (Shut Up ‘n Play Yer Guitar; As An Am; Make A Jazz Noise Here) riuscirà a surclassare l’epico assolo registrato a Osaka nel 1976, un capolavoro sonoro in cui convivono ispirazione, fantasia, tecnica e comunicativa; 2) con beffardo nichilismo stilistico, Friendly Little Finger racchiude il fraseggio distorto della Gibson tra un arabesco per xilofono e un bizzarro minuetto al sintetizzatore, entrambi eseguiti dalla Underwood; 3) il tema di Zoot Allures è composto da una suggestiva sequenza di accordi spremuti con la leva del vibrato. Caro Frank, veglia su di noi e salvaci dalle grinfie dell’Opus Dei. - B.A.


FRANK ZAPPA - LÄTHER (1977/1996)

Rykodisc has been reissuing the full Zappa catalog with religious fervor, and this three-disc set is the feather in their cap. The locus of a battle between Zappa and Warner Bros., Läther was originally designed to be a four-LP set of unprecedented proportions setting its sights on the full expense of his musical purview. The label balked, forcing him to repackage the material (re-editing some of it in the process) as four single records: Zappa In New York, Studio Tan, Sleep Dirt and Orchestral Favorites. (All of these are already back in print individually on Rykodisc). But the only way listeners could hear Läther as it was first conceived was courtesy of a 1977 broadcast that Zappa arranged - to spite the brothers Warner - on a local radio station, a broadcast that predictably led to bootleg versions. Remastered from the original two-track tapes, recorded at various different sessions and live concerts in the mid-’70s, the music sounds absolutely fabulous here. In terms of substance, there’s plenty of nutritious instrumental work to chew on, including, for the jazz-centric, The Purple Lagoon, with Patrick O’Hearn fusion bass and Terry Bozzio’s 7/8 time underpinning strong blowing from the Brecker Brothers and Ronnie Cuber bari. Compositionally, Zappa had no firm partisanship - he’d include bits and pieces of anything he could use. Take Naval Aviation In Art? with its 20th Century string ensemble meeting a quick percussion flourish (followed by a mocking voice: God, that was really beautiful!), or the set’s title track, with its wah-wah guitar melody and intriguing changes. Zappa’s intros and outros are loaded with luscious stuff. For instance, the lushly orchestral tune Re-gyptian Strut starts with a snippet of 'musique concrete' (studio patter and other audio gunk transformed into fascinating sound), a genre more fully explored on Duck Duck Goose. Revised Music For Guitar And Low-Budget Orchestra is one of Zappa’s wonderful polystylistic contraptions (originally recorded by Jean-Luc Ponty on the violinist’s 1970 album King Kong), with quickie-mart genre shifts and trend-setting guitar treatments; this leads directly to RDNZL, a showcase for rewarding solos by Zappa and George Duke with plenty of Frank’s patented xylophone (or marimba) unisons. And as for his influence as a guitarist, listen to the super The Ocean Is The Ultimate Solution, and then compare with some of Henry Kaiser’s most adventurous work. Läther also has some of Zappa’s best-loved/most-despised songs and stories. The 20 minute epic The Adventures Of Greggery Peccary is both musically stunning and full of surreal humour, while the surf-on-speed of Lemme Take You To The Beach and Don Pardo’s intro to Punky’s Whips have lasting laughs. That said, the balance falls decidedly in the positive, and it’s a definite plus to hear Läther as a whole, warts and all. - John Corbett


FRANK ZAPPA - ZAPPA IN NEW YORK (1978)

The Purple Lagoon > A punchy little number that feels like it takes over where Waka/Jawaka and The Grand Wazoo left off: the virtuoso performances of the Brecker Brothers [are] a prime example of the superb performances Zappa was so adept at coaxing out of accomplished sidemen almost without them even knowing it. Jazzy yet raunchy at the same time, its throwaway feel nonetheless delivers enough originality for a less talented musician to have made an entire career of. Patrick O’Hearn’s piquant protuberances are an unadulterated delight. I Promise Not To Come In Your Mouth / Läther > The definitive pronunciation of this mutant German fetish-word is, of course spat out in the opening dialogue, a gargling cross between "lather" and "leather" evoking the foam from the sudsy nozzle excited by the terpsichorean splendor of the leather-clad denizens of the Mudd Club. The title I Promise Not To Come In Your Mouth chosen for Zappa In New York leaves little doubt as to the "indelicate" implications hiding behind the play on the phonetic resonances of the umlaut, but, hey, you’ve got to call them something. Music, Varèse once said, can express nothing but itself. Perhaps he never got a good blow-job. - Simon Prentis


FRANK ZAPPA - STUDIO TAN (1978)

Revised Music For Guitar and Low-Budget Orchestra > An abbreviated and thoroughly overhauled version of the piece originally written for the violin (premiered with Jean-Luc Ponty on the King Kong album), this is a true cartoon for your ears. The precision, clarity and deviousness demanded from (and delivered by) the performers would scare your regular ensemble to death. RDNZL > As if bursting to unravel the cryptic foreshortening of its title, RDNZL is an exploding firecracker of a piece that whizzes like a catherine wheel for good measure. Both the keyboards (George Duke) and Zappa’s own solo (a curdling baroque gem all on its own) make maximum use of Stravinsky’s economy of means to wind the music to fever pitch: it’s not difficult to imagine the sheer musical fun that must have gone on in these sessions. The Adventures Of Greggery Peccary > No wonder Zappa spoke of it in the original radio broadcast as a masterpiece - it contains many pieces of fine, fine, superfine music supporting a story line which itself is a hilarious satire on our enslavement to time and the vagaries of fashion, featuring some of FZ’s most memorable turns of phrase and including some extremely expeditions to the frontiers of rhythm, both linguistic and musical. - Simon Prentis


FRANK ZAPPA - ORCHESTRAL FAVORITES (1979)

Un competente e motivato Michael Zearott dirige con mano felice anche la prima versione registrata di Bogus Pomp (13 minuti mozzafiato), e un’esecuzione di Strictly Genteel incomparabilmente superiore a quella deturpata anni dopo dagli orchestrali sbronzi della London Symphony Orchestra (London Symphony Orchestra vol. II - 1983). Tutto sommato, Orchestral Favorites è un titolo pertinente: si tratta, per molti versi, della più convincente raccolta di pezzi orchestrali di Frank. - B.A.


FRANK ZAPPA - SLEEP DIRT (1979)

Re-gyptian Strut > Replete with sleazoid brass and corny cabaret piano, Re-gyptian Strut is an unexpected starter given its more familiar position somewhere in the back row of Sleep Dirt. But Zappa never selected an opening shot lightly: a potent mix of tack, charm, cheese and bombast. Filthy Habits > Words are pretty redundant here, except to note that it was one of FZ’s favorite solos. Feedback transformations like you can’t believe: this is music to fly to, to cry to, to die to. Proof, if any were still needed, that Hendrix sits at Zappa’s feet in heaven. The Ocean Is The Ultimate Solution > Time to get serious. Soaring guitar against an impossibly disjointed accompaniment that twitches as if with a fatal dose of strychnine. Let yourself get sucked into that and it’ll really get you out there. - Simon Prentis

Da non dimenticare la title-track Sleep Dirt, un fenomenale duetto di chitarre acustiche in cui Frank è accompagnato da James ‘Bird Legs’ Youman, che dopo 3 minuti e 21 secondi getta la spugna, stremato dalla soverchiante inventiva del Maestro. - B.A.


FRANK ZAPPA - SHEIK YERBOUTI (1979)

Caso unico nel fatuo mondo del rock, Zappa aveva l’abitudine di pubblicare tonnellate di LP multipli, contenenti materiale inedito registrato dal vivo che veniva poi rifinito in studio con abbondanti sovraincisioni. Con questo metodo egli combinava spontaneità e rigore formale. Oggi tutti riconoscono a quegli album uno spessore artistico ben più consistente rispetto a quello degli innumerevoli live che allora infestavano il mercato. Inoltre, diversamente da molte “star” coeve, Zappa aveva sempre qualcosa da dire. La storpiatura del tormentone con cui Harry Casey ci triturò le palle in quegli anni (Shake Your Booty), consente a Frank di vestire i panni di uno sceicco dallo sguardo enigmatico (Sheik Yerbouti), intento a descrivere con accuratezza i flagelli sociali dilaganti - punk e disco-music. Ci hanno provato in molti, ma solo Zappa è riuscito a fustigare con la dovuta crudeltà costumi, personaggi e cliché dell’epoca, denunciandone miserie umane e morali: ancora oggi Bobby Brown e Dancin’ Fool ci ammoniscono a non ripiombare nel sonno della ragione. Possibili vie di fuga erano rappresentate da creatività e buon gusto. Ecco allora Rubber Shirt, dialogo virtuale tra il basso di Pat O’Hearn (4/4) e la batteria di Terry Bozzio (11/4), ottenuto manipolando i nastri con una procedura detta “xenochrony”, per cui due parti eseguite in momenti diversi venivano sincronizzate e incollate insieme; Yo’ Mama, pezzo forte della raccolta, introdotto da una pungente filastrocca che sfocia in un torrenziale comizio elettrico; The Sheik Yerbouti Tango e Rat Tomago, doppia razione di assoli pepati e succulenti; Baby Snakes, turbolenta canzonetta ricca di spunti geniali, ormai classica; Wild Love, miscuglio di jazz, off-Broadway e cabaret, con uno straordinario arrangiamento strumentale che rielabora brillantemente il tema conduttore; City Of Tiny Lights, surreale panoramica metropolitana, con una sezione centrale in cui il maestro (Zappa) e l’allievo (Adrian Belew) incrociano le chitarre in un duello all’ultima nota; Jewish Princess, pesante vignetta satirica su una fanciulla ebrea che scatenò le ire della Anti-Defamation League. Poco dopo Zappa rimedierà alla sua maniera, pareggiando i conti con il ritratto di una giovane cattolica altrettanto viziosa [Catholic Girls (Joe’s Garage)]. - B.A.


FRANK ZAPPA - JOE’S GARAGE ACTS I, II & III (1979)

Presaga degli orrori incombenti - sì, gli anni '80 - questa opera monumentale (triplo LP / doppio CD) imprime una svolta determinante alla produzione di Zappa. Con l’impiego delle più moderne apparecchiature tecniche installate nel suo studio casalingo, la qualità delle incisioni compie un passo avanti decisivo, raggiungendo livelli di fedeltà sonora mai toccati fino a quel momento. La formazione viene completamente rifondata e nel nuovo collettivo emergono subito due fuoriclasse: Vinnie Colaiuta, fenomeno dei tamburi scoperto dal Maestro durante una delle sue severe audizioni, un talento per cui molti artisti gli sono debitori (Gino Vannelli, Pages etc.); Ike Willis, protagonista assoluto di quasi tutte le canzoni registrate d’ora in poi, front-man all’altezza dei predecessori più amati dal pubblico (Captain Beefheart, Napoleon Murphy Brock etc.), che con la sua voce duttile, baritonale, caratterizzata da un pittoresco timbro negroide, si adatta ecletticamente alle continue variazioni del repertorio, interpretando senza complessi testi a dir poco anticonvenzionali (Stick It Out; Why Does It Hurt When I Pee?). Zappa sferza l’America dei “Republicans” e dei tele-predicatori con una satira lucida, dissacrante, che convive in perfetta simbiosi con l’incredibile inventiva delle composizioni e degli arrangiamenti. L’inquietante parabola si apre con l’ingresso di un arcigno ispettore - The Central Scrutinizer - che, commentando i vari episodi della storia, esercita un rigido controllo affinché venga rispettato il divieto di ascoltare o suonare musica, fonte di ogni degrado morale … vi ricorda qualcuno? Impeccabili parodie delle tendenze allora in voga (disco, reggae, ska etc.) vengono abbinate per contrasto a complesse fughe strumentali, con risultati ora comici, ora grotteschi, sempre brillanti. Diverse canzoni sono ormai scolpite nel cuore degli appassionati. Con il suo ritmo ispirato al frastuono ossessivo della catena di montaggio - uno spunto veramente geniale - Crew Slut esorta le fanciulle ad abbandonare la monotonia della provincia industriale per abbracciare l’eccitante carriera di groupie. Nostalgico ricordo delle squallide catapecchie in cui ci si riuniva a strimpellare con gli amici, Joe’s Garage ribadisce l’intransigenza di Zappa sulla questione droga (... we didn’t have no dope or LSD ...). Scritta originariamente per un disco di Jeff Simmons, Lucille Has Messed My Mind Up viene ripresa in una versione che adotta l’eleganza espressiva dell’A.O.R.. Perverso impasto di coretti “doo wop” e frattaglie di musical, Catholic Girls contiene l’indimenticabile ritratto di Mary, la cattolica “praticante” che, nascosta dietro il palco, si paga i biglietti per i concerti distribuendo generose fellatio ai musicisti. Su Wet T-Shirt Nite va in scena una straordinaria rappresentazione del rito acefalo e tipicamente americano della gara per la più provocante “maglietta bagnata”: nei panni di Buddy Jones, spigliato presentatore della serata, Zappa offe un’interpretazione da Oscar. Perfetta anche Dale Bozzio (moglie di Terry), convincente e sexy nel ruolo di Mary, una specie di Judy Holliday alquanto scafata. Toad O-Line è una lezione sullo stile “parlato” di cui fu pioniere Eric Dolphy, che Zappa ha magistralmente applicato alla chitarra. A beneficio dei più insaziabili, anche II e III atto dell’album traboccano di assoli arroventati: Keep It Greasey, Outside Now, He Used To Cut The Grass. Il celebre aforisma declamato su Packard Goose - music is the best - prelude a uno straordinario duetto tra Zappa e Colaiuta, in cui quest’ultimo replica al leader con forsennati break di batteria “trattata”. Per chi si fosse perso la meravigliosa Blessed Relief (The Grand Wazoo), Watermelon In Easter Hay rivela l’insospettabile lirismo di cui era capace anche un iconoclasta come Zappa. I neofiti possono iniziare a scoprirlo partendo da qui. - B.A.


FRANK ZAPPA - AS AN AM (1981)

Dopo Dylan, Zappa è stato l’artista più danneggiato dal fenomeno dei bootleg. Nel 1991, con un’iniziativa senza precedenti, egli decise di sferrare un attacco letale ai pirati scendendo sul loro stesso terreno: in collaborazione con la Rhino venne creato un marchio ad hoc - Foo Eee - per riversare su CD e “condonare” 15 celebri album selezionati dall’esecrabile catalogo parallelo. Nella speranza che dalla sua nuvola in Paradiso Frank ci assolva, non possiamo esimerci dall’affermare che almeno un paio di queste ristampe sono indispensabili: la qualità sonora più che dignitosa e la musica prevalentemente strumentale rendono Piquantique e As An Am autentiche ghiottonerie per collezionisti. As An Am documenta due dei primi concerti con la nuova sezione ritmica composta da Scott Thunes (basso) e Chad Wackerman (batteria). Le magistrali interpretazioni di Black Napkins e The Black Page furono provvidenzialmente “rubate” il 31 Ottobre 1981 a New York: a parte gli inevitabili limiti tecnici di un live registrato con mezzi di fortuna, il raffronto con le rispettive versioni originali (Zoot Allures, Zappa In New York) consente di apprezzare interessanti differenze stilistiche. Eseguita il 21 Maggio 1982 a Köln e già apparsa altrove con titoli e arrangiamenti diversi (Kreegah Bondola; Let’s Move To Cleveland; Canard Du Jour), la quasi-inedita Young & Monde è una bizzosa melodia che apre il varco a un assolo di chitarra lungo oltre 10 minuti: sul finale, Ray White interviene gridando a squarciagola “So young and monde …”. Tanto per aggiungere la beffa irriguardosa al danno economico, è stata inclusa anche un’intervista (That Makes Me Mad) presumibilmente carpita con la frode, in cui Zappa si lamenta proprio della proliferazione di copie illegali. [P.S. - Suggeriamo di considerare i bootleg - anche quelli “belli” - solo dopo aver acquistato l’intera discografia ufficiale, compresi i 6 volumi della serie You Can’t Do That On Stage Anymore.] - B.A.


FRANK ZAPPA - SHUT UP ‘N PLAY YER GUITAR (1981)

The Rosetta Stone for axe players. - Until the release of this album, only a few people realized what the hard-core Zappa fanatics had known all along ... that FZ can play the guitar. While the papers and magazines shouted the praises of every other fashionable guitar strangler and condemned Zappa for having the guts to sing lyrics they felt were disgusting, he quietly continued to play things on his instrument that were far more blasphemous than any words could convey. In the rush to be offended by what he said, the music press forgot to listen to what his guitar was talking about. Zappa’s guitar solos, as captured in this album, say a lot of things that just might prove to be embarassing to the writers who forgot to listen. - LP notes

These three records are destined to become an extremely important and valued adjunct to Frank Zappa’s main body of recorded work, as important a conceptual break/link to his other projects as his brilliant and overlooked instrumental composition Lumpy Gravy. The concept here presents a series of Zappa’s guitar solos, most of which are taken from live performances. These instrumental passages (they’re not simply solos; all have beautiful performances from the backing group as well) are used as bridges at Zappa’s concert between more familiar songs. The first record opens with Five Five Five, an intense guitar assault in big, cascading waves of energy, segued via Lumpy Gravy-like bits of prepared voice track into the ugly, bristling heavy-metal of Hog Heaven. The title-track follows with one of Zappa’s most awesome solos rolling sheets of molten gold sound. The eerie, full band reggae of Treacherous Cretins breaks to the screaming, saxophone-like guitar solo of Heavy Duty Judy, backed by a repeated funk passage stated by Tommy Mars on the synthesizer and a churning rhythm section. Soup ‘n’ Old Clothes closes it out with a majestic flourish. ... Some More opens with the witty and self-explanatory Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression and the short Gee, I Like Your Pants before Canarsie, which lays Zappa’s sinuous, beautifully deep toned SG in bizarre rhythm passages over Warren Cuccurullo’s sitar and also features some incredible bass accompaniment by Patrick O’Hearn. Ship Ahoy puts Zappa’s distorto funk guitar shuffle over a cooking section. Deathless Horsie forms a rhythmic base out of a beautiful ascending/descending melodic scale phrased on keyboards with the guitar solo overlay. Shut Up ‘n Play Yer Guitar Some More opens with Zappa’s oft-referenced Orange County Lumber Truck melodic phrase which evolves into a stately guitar solo. Pink Napkins, cousin to Black Napkins, presents Zappa’s softest soloing touch. Return ..., the last of the records, may also be the best, opening with the screaming Beat It With Your Fist, then the title-track, a breathtaking soloist’s tour de force. After another brutally intense solo on Pinocchio’s Furniture, Why Johnny Can’t Read crashes in, a high powered, partially chorded solo followed by screeching feedback, Beckian scales exercises and a trance-like Eastern cadence, then finally a short blues outro. Stucco Homes is Zappa playing on a full and resonant-sounding Acoustic Black Widow (parts sound like a bass solo) while Cucurullo phrases a gentle rhythm guitar accompaniment and Vinnie Colaiuta adds excellent drum accompaniment. The project closes with an indescribably beautiful duet between Jean-Luc Ponty on baritone violin and Zappa on bouzouki in a lush interplay that alternatively suggests raga, bluegrass, and avant-garde classical music. These records are obviously important to guitarists studying Zappa’s technique, but this is not a project solely for the techie. Anyone who’s appreciated the beauty of Zappa’s playing and his prolific melodic construction will delight in this material. - John Swenson


FRANK ZAPPA - TINSELTOWN REBELLION (1981)


FRANK ZAPPA - YOU ARE WHAT YOU IS (1981)

Nell’ambito degli album prevalentemente cantati è senz’altro uno dei gioielli del Maestro. Con una band rodatissima e un pugno di vocalist fenomenali Zappa mette insieme l’ennesima collezione di canzoni indefinibili e magistralmente eseguite: una gioia per chi ama le finezze strumentali. Due momenti indimenticabili scelti a caso: Harder Than Your Husband, feroce parodia del country e dei suoi luoghi comuni; If Only She Woulda, impagabile botta e risposta tra la voce di Frank e un coretto che gli rifà il verso, con una velenosa imitazione dell’organetto psichedelico stile Doors e l’immancabile intermezzo chitarristico. - B.A.


FRANK ZAPPA - SHIP ARRIVING TOO LATE TO SAVE A DROWNING WITCH (1982)

FRANK ZAPPA - THE MAN FROM UTOPIA (1983)

FRANK ZAPPA - THE PERFECT STRANGER (1984)

FRANK ZAPPA - LONDON SYMPHONY ORCHESTRA VOL. I & II (1983)

FRANK ZAPPA - THEM OR US (1984)

FRANK ZAPPA - THING-FISH (1984)

FRANK ZAPPA - FRANK ZAPPA MEETS THE MOTHERS OF PREVENTION (1985)


FRANK ZAPPA - JAZZ FROM HELL (1986)

L’album vinse un Grammy per la categoria “Best Rock Instrumental Performance”: considerando i contenuti musicali (complesse partiture eseguite al synclavier) e il contesto storico (gli anni Ottanta), possiamo affermare che si trattò di un evento miracoloso. - B.A.


FRANK ZAPPA - GUITAR (1988)

These solos were recorded live between 1979 and 1984. None of them are perfect but I hope you enjoy them anyway. Except for the ending synthesizer line on Things That Look Like Meat, there are no overdubs and, for the most part, the solos have been left full length. This album is not recommended for children or Republicans. - Frank Zappa

Considerate le dimensioni del cofanetto - tre Long Playing - e la specificità dei contenuti - una voluminosa raccolta di assoli per chitarra - la scommessa di Shut Up ‘n Play Yer Guitar era stata vinta: ottime vendite e, per quello che vale, consenso unanime della critica. Perché non tentare il bis? Per Zappa si trattava solo di applicare un ennesimo taglia-e-cuci all’immenso archivio di bobine custodito nel suo studio casalingo: una preziosa documentazione sonora di cui Guitar rappresenta solo “the tip of the iceberg”. Con l’eccezione di Outside Now (Original Solo) e Systems Of Edges, eseguite con Vinnie Colaiuta e Arthur Barrow, su ogni brano la sezione ritmica è composta da Scott Thunes (basso) e Chad Wackermann (batteria). I due rimarranno col Maestro fino agli ultimi giorni: un’intesa artistica che dal vivo diventava telepatia. La qualità del materiale è eccelsa e uniforme, pertanto i titoli indicati sono scelti a caso. Non contento di aver demolito Santana con le irriverenti Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression (Shut Up ‘n Play Yer Guitar), Frank torna sarcasticamente sull’argomento con That Ol’ G Minor Thing Again. Registrata a Pistoia nel 1982, It Ain’t Necessarily The Saint James Infirmary rielabora in chiave goliardica lo standard di Gershwin (It Ain’t Necessarily So) accorpandolo al traditional reso immortale da Armstrong (St. James Infirmary). For Duane è una dedica sincera al compianto leader degli Allman Brothers, amico personale di Zappa. L’indigesta “torta di gesso” cucinata su Chalk Pie si rivela in realtà una leccornia strumentale per palati fini. Too Ugly For Show Business potrebbe essere una parafrasi della famigerata, miope sentenza - no commercial potential - riveduta e corretta per l’era del video. Orrin Hatch On Skis è un ritratto in musica del discusso senatore statunitense - razzista, mormone, repubblicano - uno dei bersagli preferiti da Zappa. Move It Or Park It e Do Not Try This At Home sono versioni live di Them Or Us, dall’album omonimo. Più di una volta la metrica “in levare” del reggae affiora a sostenere i fraseggi di Zappa, creando un cocktail esilarante di trasgressione e commedia (Sunrise Redeemer, That’s Not Really Reggae, That’s Not Really A Shuffle, Things That Look Like Meat, Hotel Atlanta Incidentals). La furia iconoclasta non risparmia nemmeno un feticcio psichedelico come In-A-Gadda-Da-Vida, ribattezzato per l’occasione In-A-Gadda-Stravinsky: al riff degli Iron Butterfly la chitarra sovrappone Le Sacre Du Printemps del compositore russo. Geniale. Le molestie sessuali sul posto di lavoro offrono lo spunto per una mefistofelica satira blues (Sexual Harassment In The Workplace) con cui Zappa mostra di saper trarre profitto anche da un linguaggio apparentemente rudimentale. Le foto di copertina - sgranate, imperfette, ma proprio per questo molto belle - sono del costaricano Sergio Albonico. Lapidaria, azzardata, ma inconfutabile la dichiarazione rilasciata da Eddie Van Halen per definire Zappa: “È più grande di Hendrix!”. - B.A.


FRANK ZAPPA - YOU CAN’T DO THAT ON STAGE ANYMORE VOL. 1,3,4,5,6


FRANK ZAPPA - YOU CAN’T DO THAT ON STAGE ANYMORE VOL. 2
THE HELSINKI CONCERT
(1974)

Laddove il materiale live di Roxy & Elsewhere era stato ampiamente manipolato in studio, il concerto di Helsinki venne pubblicato allo stato grezzo: questa la principale differenza tra i due album registrati dal vivo con lo stesso organico. Il secondo volume delle collana storiografica You Can’t Do That On Stage Anymore riporta alla luce reperti intatti di quella impareggiabile formazione: Dupree’s Paradise e T’Mershi Duween, due gioielli strumentali che per anni circolarono solo attraverso i bootleg; la rilettura aggiornata al 1974 di un paio di classici (The Dog Breath Variations; Uncle Meat); una ghiotta anteprima di RDNZL, prezioso tassello del mosaico Läther. Applicando con maestria la tecnica del copy-and-paste a Inca Roads, Zappa estrarrà da questa “prova” un fiammeggiante assolo di chitarra, per incollarlo nella versione ufficiale pubblicata su One Size Fits All. - B.A.


FRANK ZAPPA - THE BEST BAND YOU NEVER HEARD IN YOUR LIFE (1988)

FRANK ZAPPA - MAKE A JAZZ NOISE HERE (1988)

FRANK ZAPPA - BROADWAY THE HARD WAY (1989)

FRANK ZAPPA - THE YELLOW SHARK (1993)

FRANK ZAPPA - CIVILIZATION PHAZE III (1994)

FRANK ZAPPA - HALLOWEEN (1978/2003)


FRANK ZAPPA - TRANCE-FUSION (1977/1979/1984/1988)

Ovvietà: in termini di talento puro, fantasia inesausta, spirito di osservazione, integrità artistica, la prematura scomparsa di Frank Zappa rappresenta una perdita incalcolabile. Corollario: se poi consideriamo che Gaetano Quagliarello e Maurizio Lupi scoppiano di salute, non c’è proprio verso di elaborare il lutto. A parziale consolazione dell’affranta platea di appassionati, rimangono i documenti sonori di una carriera senza eguali. Dai preziosi archivi del Maestro - gelosamente custoditi e centellinati con parsimonia dagli eredi - arriva una nuova “trasfusione” di musica che non esitiamo a definire indispensabile. Chi ha amato ed è cresciuto con Shut Up ‘n Play Yer Guitar e Guitar si prepari: Trance-Fusion completa una definitiva, colossale trilogia dedicata alla chitarra (elettrica). Tratto da quattro periodi compresi nel decennio 1977-1988, il materiale spazia dall’epoca di Zappa In New York ai giorni di Make A Jazz Noise Here. Pertanto, nei vari gruppi si avvicendano l’indimenticabile sezione ritmica con Terry Bozzio e Pat O’Hearn (Bowling On Charen), l’asso della batteria Vinnie Colaiuta (Ask Dr. Stupid), il metronomico tandem composto da Chad Wackerman e Scott Thunes (Good Lobna, Butter Or Cannons, Light Is All That Matters) e la sontuosa big band a cinque fiati degli ultimi anni (Trance-Fusion, For Giuseppe Franco, Finding Higgs’ Boson). A Cold Dark Matter e Scratch & Sniff approfondiscono, rispettivamente, i prediletti accordi dell’assolo di Inca Roads (One Size Fits All; Shut Up ‘n Play Yer Guitar) e le irriverenti parodie di Variations On The Carlos Santana Secret Chord Progression (Shut Up ‘n Play Yer Guitar) e That Ol’ G Minor Thing Again (Guitar). Nostre personalissime preferenze: il fraseggio “parlato” di Gorgo, l’espressiva distorsione su Diplodocus, l’andatura ska di Soul Polka, l’impiego del tremolo su After Dinner Smoker. Su due pezzi (Chunga’s Revenge, Bavarian Sunset) suona anche Dweezil Zappa. [P.S. - Anche ai collezionisti più avidi raccomandiamo di dare sempre la precedenza agli album ufficiali (Shut Up ‘n Play Yer Guitar; Guitar; Trance-Fusion). Il triplo CD The Lost Solos è un bootleg (esecuzioni memorabili, confezione curata, audio scadente): dato il mero interesse documentale, basterà scaricarlo da Internet e custodirne i file nel computer.] - B.A.


FRANK ZAPPA - THE LOST SOLOS (2003)


PRODUZIONI / COLLABORAZIONI / INTERPRETI

LENNY BRUCE - THE BERKELEY CONCERT (1967)

CAPTAIN BEEFHEART - TROUT MASK REPLICA (1969)

JEAN-LUC PONTY - KING KONG: JEAN-LUC PONTY PLAYS
THE MUSIC OF FRANK ZAPPA
(1970)

GRAND FUNK - GOOD SINGIN’ GOOD PLAYIN’ (1976)

FLINT - FLINT (1978)


L. SHANKAR - TOUCH ME THERE (1979)

Cari zappiani inconsolabili, oggi vi diamo una buona notizia. Nel 1979, anno santo di Sheik Yerbouti e Joe’s Garage, il Maestro si scomodò per produrre l’album di un violinista indiano della cui arte musicale si era invaghito ascoltandolo poco tempo prima con gli Shakti di John McLaughlin (A Handful Of Beauty). E se, sulla carta, l’amalgama tra solista esotico e contesto underground poteva già suscitare interesse, il tocco dissacrante di Frank Zappa conferisce al progetto l’incomparabile originalità dei classici. Per le sedute nei gloriosi studi Advision, Zappa reclutò i britannici Simon Phillips (batteria), Phil Palmer (chitarre), Dave Marquee (basso elettrico) e l’aristocratico James Lascelles (tastiere). Oltre a influenzare in misura decisiva gli arrangiamenti, Zappa partecipa come autore a quattro pezzi, firmando insieme a L. Shankar testi (Touch Me There, Knee-Deep In Heaters), musiche (No More Mr. Nice Girl) o entrambi (Dead Girls Of London). Touch Me There è una bizzarra nenia erotica in cui il contrasto tra la classe strumentale e il lascivo ritornello intonato da Jenny Lautrec crea effetti esilaranti. Secondo un’indiscrezione tutta da verificare, la canzone Dead Girls Of London fu dapprima affidata alla voce di Van Morrison - clamoroso esempio di imperizia commerciale - per poi essere reincisa da Ike Willis a causa della nota controversia giudiziaria tra Zappa e la Warner Brothers, all’epoca etichetta di Morrison. Nobilitate dagli interventi di Phillips, dagli assoli di Shankar e dalla regia di Zappa, le complesse partiture di No More Mr. Nice Girl e Darlene procurano un autentico sollazzo all’uditorio più accorto. Capolavoro stralunato, indispensabile per i cultori di Sleep Dirt e Studio Tan. - B.A.


OMNIBUS WIND ENSEMBLE - FROM MOZART TO ZAPPA (1992)

OMNIBUS WIND ENSEMBLE - MUSIC BY FRANK ZAPPA (1995)

ENSEMBLE AMBROSIUS - THE ZAPPA ALBUM (2000)

RICCARDO FASSI - TANKIO BAND PLAYS THE MUSIC OF FRANK ZAPPA (1994)

ED PALERMO - THE ED PALERMO BIG BAND PLAYS THE MUSIC OF FRANK ZAPPA (1996)

ED PALERMO - TAKE YOUR CLOTHES OFF WHEN YOU DANCE (2005)

ED PALERMO - EDDY LOVES FRANK (2009)

ENSEMBLE MODERN - GREGGERY PECCARY & OTHER PERSUASIONS (2003)

LE CONCERT IMPROMPTU & JEAN-MICHEL BOSSINI - PROPHETIC ATTITUDE (1997)

 

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