Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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PROGRESSIVE

M-Q

ANDY MACKAY - IN SEARCH OF EDDIE RIFF (1974)

ANDY MACKAY - RESOLVING CONTRADICTIONS (1978)

DUNCAN MACKAY - CHIMERA (1974)

DUNCAN MACKAY - SCORE (1977)

DUNCAN MACKAY - VISA (1980)


PHIL MANZANERA - DIAMOND HEAD (1975)

Nel primo album di Phil Manzanera sono presenti tutti gli elementi che caratterizzeranno la sua produzione solistica, parallela all'impegno con i Roxy Music. Il formato-canzone si evolve senza scadere nell’inaccessibilità: Frontera è firmata da Manzanera insieme a Robert Wyatt, che la canta in spagnolo; Same Time Next Week, è una schermaglia sentimentale tra John Wetton e Doreen Chanter, sottolineata da un accattivante tempo dispari. La ricerca sonora sperimentata poco prima nel disco dei Quiet Sun (Mainstream) viene approfondita su East of Echo, con la collaborazione degli altri membri di quel gruppo coraggioso e sfortunato (Bill MacCormick, Charles Hayward e Dave Jarrett). Completano il quadro alcuni gustosi pezzi strumentali, tra cui The Flex, Diamond Head e Lagrima, originale duetto tra Phil e il fiatista dei Roxy, Andy Mackay. - B.A.


PHIL MANZANERA / 801 - LISTEN NOW! (1977) FOREVER YOUNG

I Roxy Music e i 10cc hanno illuminato il panorama musicale britannico negli anni Settanta: gli uni manipolando in modo personalissimo forme e stili, gli altri elaborando una nuova ricetta, i cui ingredienti pricipali erano intelligenza e gusto melodico. Nell’ambito dei due gruppi, le personalità più inclini a forzare i limiti della ricerca erano da un lato Phil Manzanera, dall’altro Lol Creme e Kevin Godley, tre artisti che hanno collaborato strettamente e sono giunti, nel 1978, a un passo dalla formazione di un gruppo stabile (si mormorò anche il nome, GCM). La cosa purtroppo non si concretizzò, ma questo non impedì ai tre di scrivere alcune delle pagine più belle della musica rock inglese. Listen Now! è il secondo album solo di Phil Manzanera, ed è durante queste sedute che nasce il proficuo rapporto con Godley & Creme. Dietro la sigla 801 si celano alcuni validissimi musicisti provenienti da esperienze disparate: Bill MacCormick (Matching Mole, Quiet Sun - bassista e co-autore di molti pezzi), Dave Mattacks (Fairport Convention - batteria), Tim Finn (Split Enz - voce), Eddie Jobson (tastiere) e Brian Eno (tastiere), entrambi ex-colleghi di Phil nei Roxy Music, più alcuni specialisti come Simon Phillips (batteria), Mel Collins (sassofoni) e l’ottimo cantante Simon Ainley. Tutti i brani sono degni di nota, ma vale la pena di ricordarne alcuni. La title-track, un monumento musicale in cui Manzanera condensa tutta la propria arte. Ritmo inarrestabile, impasti vocali perfetti, una coda strumentale di sapore jazzistico e un testo fortemente impegnato: «... is it any wonder you’ve got no power / when you pay a thief to keep it for you?». Due splendidi strumentali (Island; Initial Speed), in cui la maestria ritmica di Simon Phillips è in bella evidenza. Law and Order, con la chitarra di Manzanera in primo piano e un’esplicita istanza politica nelle parole: «... but now all your lives are bought and sold / and just for some law and order ...». A ben vedere, risulta molto più efficace questo slogan di tante pseudo-trasgressioni punk. Neanche a dirlo, il fattore sorpresa è rappresentato dai due ex-10cc. Kevin Godley partecipa con i suoi controcanti e le sue 'heavenly voices', particolari sottofondi vocali, sullo stile di quelli ascoltati su I’m Not in Love. Lol Creme incrocia la propria chitarra con quella di Manzanera, offrendo qualche saggio delle ampie possibilità espressive del gizmo, un congegno del cui brevetto Godley & Creme sono proprietari e che, applicato al ponte dello strumento elettrico, consente di modificarne meccanicamente il suono. Per concludere, Phil Manzanera ha sintetizzato sostanza musicale e comunicativa in un disco che entra di diritto nell’albo d’oro del rock più evoluto. - B.A.


PHIL MANZANERA - K-SCOPE (1978)

K-Scope è il terzo album di Phil Manzanera e il secondo documento audio della sua collaborazione con Lol Creme e Kevin Godley. Il rapporto tra il chitarrista dei Roxy Music e l’altra metà dei 10cc (5cc) è stato particolarmente fecondo, anche se in questo disco si riduce a un paio di brani. Trattandosi di un lavoro eterogeneo, è opportuno esaminare da vicino i momenti più significativi. Il brano eponimo si apre con un convulso arpeggio elettrico di Manzanera, a cui si contrappongono le stoccate di gizmo di Lol Creme: potrebbe essere un’efficace sigla radiofonica per qualche raffinato disc-jockey. Il basso di Bill MacCormick e la voce di Tim Finn (Split Enz) caratterizzano Cuban Crisis, evocativa canzone a tempo di reggae che della moda giamaicana conserva l’unico aspetto digeribile: il ritmo. Hot Spot abbina, insolitamente, un’apertura free, affidata al sax di Mel Collins, a uno sviluppo disco, con lo ‘slap’ di MacCormick, i controcanti di Godley & Creme e, di nuovo, la voce solista di Tim Finn. Nel 1978 si rinnova anche il sodalizio creativo tra Phil Manzanera e John Wetton, già sperimentato con successo su Same Time Next Week (Diamond Head). Wetton, bassista/cantante con i King Crimson (1973/1974) e per breve tempo con i Roxy Music, presta la sua splendida voce all’indefinibile e bellissima Numbers. Da ricordare anche il ritmo sfalsato della chitarra trattata con l’eco su Gone Flying e l’atmosfera onirica all’inizio di Walking Through Heaven’s Door. Su entrambi i titoli Bill MacCormick si espone come come cantante, con ottimi risultati. N-Shift e You Are Here sono altri due riusciti strumentali, il primo più mosso, l’altro più riflessivo. K-Scope chiude la trilogia anni Settanta di Phil Manzanera, dopo Diamond Head e Listen Now! - Egli, purtroppo, non si esprimerà più a questi livelli. - B.A.


PHIL MANZANERA - VOZERO (1999)

MATCHING MOLE - MATCHING MOLE (1972) FOREVER YOUNG


MATCHING MOLE - LITTLE RED RECORD (1972) FOREVER YOUNG

Nel loro secondo e ultimo album, i Matching Mole consolidano le basi del progressive di Canterbury. Alle visionarie intuizioni dei Soft Machine, spogliate della componente “psichedelica”, il quartetto assemblato da Robert Wyatt applica la sana concretezza dell’improvvisazione. Il versante nascosto del rock viene esplorato senza timori, e lungo i complessi brani di Little Red Record l’ascoltatore si imbatte nelle stralunate canzoni di Robert, alternate a robuste dosi di jazz elettrico e avanguardia. Prima che la rovinosa caduta dal quarto piano di un palazzo lo relegasse su una sedia a rotelle (1973), Wyatt era il più raffinato batterista inglese. Il suo drumming lieve e spumeggiante, incline a frammentare il tempo, ricco di sottigliezze ritmiche e timbriche, era una delizia per le orecchie degli intenditori e degli appassionati più esigenti. Straordinario anche il contributo degli altri membri della band: Bill MacCormick al basso, in seguito prezioso collaboratore nei capolavori di Phil Manzanera (Diamond Head; Listen Now!; K-Scope); Phil Miller alla chitarra, personaggio chiave della scena britannica (Hatfield And The North; National Health); Dave McRae, sofisticato 'colorista' della tastiera. Si tratta di un disco che non stanca mai. - B.A.


MAXOPHONE - MAXOPHONE (1975)


PHIL MILLER - CUTTING BOTH WAYS (1987)

Grazie allo spirito d’iniziativa di Phil Miller, ¾ di Hatfield And The North e National Health e metà dei primi Soft Machine si ritrovano coinvolti in un progetto che conferma l’intramontabile modernità dello stile Canterbury. L’album vede il chitarrista impegnato in due contesti diversi (da cui il titolo Cutting Both Ways): uno in quintetto con Pete Lemer (tastiere), Pip Pyle (batteria), Hugh Hopper (basso), Elton Dean (sassofoni), per quattro classici arrangiamenti progressive registrati in diretta nello studio (Green & Purple Extract / Hic Haec Hoc / Simple Man, Eastern Region, Second Sight, Green & Purple), l’altro in coppia con Dave Stewart (tastiere), per elaborare un paio di brillanti idee con sovraincisioni multiple arricchite dai cori di Barbara Gaskin (Hard Shoulder, Figures Of Speech). Rispetto agli storici trascorsi undeground, i solisti appaiono maggiormente votati all’improvvisazione, ma il gusto per colori accesi, atmosfere cangianti e tempi dispari rimane intatto. Deliziosa la recensione/vignetta di Matt Howarth pubblicata per Sonic Curiosity. - B.A.


PHIL MILLER / IN CAHOOTS - SPLIT SECOND(S) (1989)

PHIL MILLER - DIGGING IN (1991)

PHIL MILLER / IN CAHOOTS - RECENT DISCOVERIES (1993)

PHIL MILLER / IN CAHOOTS - PARALLEL (1996)

PHIL MILLER / IN CAHOOTS - OUT OF THE BLUE (2000)

PHIL MILLER / IN CAHOOTS - ALL THAT (2003)

PHIL MILLER / IN CAHOOTS - CONSPIRACY THEORIES (2006)

MOODY BLUES - DAYS OF FUTURE PASSED (1968)

MOODY BLUES - IN SEARCH OF THE LOST CHORD (1968)

MOODY BLUES - ON THE THRESHOLD OF A DREAM (1969)

MOODY BLUES - TO OUR CHILDREN’S CHILDREN’S CHILDREN (1969)

MOODY BLUES - A QUESTION OF BALANCE (1970)

MOODY BLUES - EVERY GOOD BOY DESERVES FAVOUR (1971)

MUSEO ROSENBACH - ZARATHUSTRA (1973)


NAPOLI CENTRALE - NAPOLI CENTRALE (1975) FOREVER YOUNG

I Napoli Centrale scendono nell’affollata arena progressive relativamente tardi, proponendo una formula stilistica vicina alle alchimie etno-jazz di Perigeo e Weather Report, ma i testi in Napoletano - scritti dal batterista Franco Del Prete, cantati con veemente partecipazione da James Senese (sax), integrati senza forzature negli arrangiamenti - distinguono la band dai colleghi italiani e dalla comunità rock internazionale: pillole di saggezza tutta partenopea, osservazioni intrise di orgoglio proletario, scene di vita quotidiana all’ombra del Vesuvio fanno di Del Prete un autentico poeta popolare, capace di esprimersi sulla questione meridionale con sensibilità e immediatezza. Ogni volta che Senese fende il tessuto strumentale con le sue colorite arringhe in dialetto, assistiamo a un appassionante evento drammatico. Piccolo classico underground, Campagna descrive le opposte prospettive offerte dalla vita nei campi in base all’estrazione sociale dei personaggi coinvolti: fatica, sudore, sacrificio per il bracciante, baldoria e gozzoviglia per il figlio del padrone, “ca 'nce vene sulamente cu' l'amici a pazzià”*. Sul ritmo funky di Viecchie, Mugliere, Muorte e Criaturi (lento e ossessivo) e ‘A Gente ‘e Bucciano (più sostenuto) si addensano fosche considerazioni sullo spopolamento di un piccolo centro campano causato dall’emigrazione forzata: in paese rimangono solo donne, bambini e individui comunque inadatti al lavoro in fabbrica: “... 'o surde, 'o sceme, 'o zuoppe e 'o sciancate …”*. Insomma, il povero terrone si ritrova sempre “curnut' e mazziàte”*. Sul terzo movimento di ‘O Lupo S’ha Mangiato ‘A Pecurella una chiassosa sceneggiata a più voci rilancia quella caparbia attitudine a tirare avanti anche tra mille difficoltà. Senese firma tutte le musiche del disco: Pensione Floridiana e Vico Primo Parise N°8 lasciano ampio spazio al suo sax che, di lì a poco, diventerà inconfondibile contrassegno sonoro del primo (e migliore) Pino Daniele. Oltre ai due leader, la formazione comprende l’americano Mark Harris (piano Fender), artefice di un elegantissimo ordito armonico, e l’inglese Tony Walmsley (basso elettrico), solido e preciso. Lo stesso Del Prete dimostra uno straordinario talento con piatti e tamburi: raffinato, eclettico, fantasioso, egli è dotato di uno stile percussivo che lo colloca a metà strada tra Mike Giles e Robert Wyatt. Considerata la sua bravura, sorprende che nel successivo Mattanza la band abbia reclutato dei session-men, seppure eccellenti (Bruno Biriaco, Agostino Marangolo). La foto di copertina ritrae i quattro musicisti a passeggio su un viale umido e brullo, con Del Prete e Senese che conversano animatamente. Argomento: il Sud. [P.S. - Nei ringraziamenti è citato Shawn Phillips, che all’epoca viveva a Positano.] - B.A.

*Trascrizioni in Napoletano: Mimma De Maio


NAPOLI CENTRALE - MATTANZA (1976)

NATIONAL HEALTH - MISSING PIECES (1975/1976)

NATIONAL HEALTH - NATIONAL HEALTH (1977) FOREVER YOUNG


NATIONAL HEALTH - OF QUEUES AND CURES (1978) FOREVER YOUNG

Gli appassionati di progressive sono individui alquanto irritabili, dotati di gusti precisi e spiccato senso critico. A rischio di urtare la loro suscettibilità, indicheremo comunque due dischi che, nell’ambito di questo genere, svettano in cima alla nostra classifica personale: One Of A Kind di Bill Bruford e questo Of Queues And Cures, dei National Health. Il comune denominatore di entrambi gli album è Dave Stewart, 'testa d’uovo' di una specifica corrente dell’avanguardia di Canterbury, di cui ha diretto tre gruppi fondamentali (Egg, Hatfield And The North, National Health). In quegli attivissimi laboratori musicali furono scritte pagine che hanno spinto il rock inglese verso il suo stadio evolutivo più avanzato: continue variazioni metriche, motivi ricorrenti che si accavallano a bizzarri spunti strumentali, melodie barocche catturate da una fitta rete di accordi jazz, passaggi in cui il suono si fa trasparente, furibonde polifonie elettriche interrotte da bruschi scossoni ritmici (Squarer For Maud; Dreams Wide Awake). Nonostante l’impiego di minuziose partiture - The Bryden 2-Step (For Amphibians); The Collapso - viene riservata grande autonomia alle superbe improvvisazioni di Stewart (piano acustico ed elettrico, organo, sintetizzatore) e Phil Miller (chitarra). In veste di ospite, Jimmy Hastings infila uno spettacolare assolo di flauto su Binoculars. Con Pip Pyle alla batteria ritroviamo ¾ degli Hatfield And The North: una lunga consuetudine reciproca che spiega l’affiatamento raggiunto dalla band. La formazione ufficiale è completata dal bassista John Greaves, proveniente dagli Henry Cow. Le note scritte da Stewart per la ristampa CD offrono una preziosa e illuminante testimonianza autobiografica. [P.S. - Uno stralcio tematico di The Bryden 2-Step (For Amphibians) verrà ripreso da Dave Stewart per il brano Land’s End, sull’ottimo Gradually Going Tornado di Bill Bruford] - B.A.


NATIONAL HEALTH - D.S. AL CODA (1981) FOREVER YOUNG

Sciolto il gruppo subito dopo la registrazione di Of Queues And Cures, gli artefici di quel capolavoro si riuniscono momentaneamente per tributare un omaggio alla memoria dell’amico e collega Alan Gowen, appena stroncato dalla leucemia. La provvisorietà del contesto non intacca la compattezza della band: ¾ della formazione suonavano insieme dal 1973. Il lamento funebre diventa pretesto per uno splendido album strumentale, in cui i National Health interpretano con entusiasmo e convinzione alcune pagine firmate dallo stesso Gowen, tastierista e compositore tragicamente sottovalutato, allora come oggi. In linea con la passione dell’autore per il jazz, ogni pezzo lascia ampio spazio ai solisti: gli interventi di Dave Stewart (tastiere) e Phil Miller (chitarra) si alternano a quelli degli ospiti Elton Dean (sax) e Jimmy Hastings (flauto). I pezzi sono tutti stupendi, anche se una leggera predilezione può inizialmente manifestarsi per Black Hat, un intrigante spunto del sintetizzatore nobilitato dai sublimi vocalizzi di Richard Sinclair che, con la propria presenza, compie il miracolo di resuscitare in un unico brano due gruppi storici come Hatfield And The North e National Health. Accurate e ironiche le note di copertina firmate da Stewart che, accanto alle indiscusse doti musicali, rivela un solido talento letterario: il suo ricordo dell’artista scomparso, punteggiato di acute osservazioni sul punk, è illuminante. Chi ha amato One Of A Kind non deve perdere questo CD, meritevolmente ristampato dalla Voiceprint. - B.A.


NEW TROLLS - CONCERTO GROSSO PER I NEW TROLLS (1971)

NEW TROLLS - TEMPI DISPARI (1974)


NICE - THE THOUGHTS OF EMERLIST DAVJACK (1967)

I primi germi della contaminazione sono già evidenti: sfruttando le influenze classiche e le doti istrioniche del tastierista Keith Emerson, i Nice combinano con grande disinvoltura sacro e profano. Sarà l’unico album del gruppo registrato con un chitarrista (David O’List). - Cesare Rizzi

Le regole del gioco sono fissate dall’organo di Emerson, sostenuto da un’estrosa sezione ritmica e disturbato dal timbro “acido” della chitarra di David O’List (sulle orme di Hendrix e Barrett). Affreschi d’ispirazione psichedelica prendono forma su Flower King Of Flies, War And Peace, Rondo, Dawn. - Giancarlo Nanni


NICE - ARS LONGA VITA BREVIS (1969)

Ridotti a trio, i Nice producono il nuovo album con un’orchestra sinfonica. Ars Longa Vita Brevis contiene un adattamento della Karelia Suite di Sibelius e una citazione dai Concerti Brandeburghesi di Bach. - Giancarlo Nanni

Ispiratori della scena progressive inglese, i Nice sono stati tra i primi a tentare la combinazione tra rock e classica. Se altri gruppi cercarono un innesto indolore, nel loro caso il taglio fu più provocatorio: la musica attinge dal repertorio classico, e comprime Sibelius e Bach tra Dylan e Hardin. In questo album emerge l’esuberanza artistica di Emerson, tastierista in grado di affrontare partiture classiche con lo stesso vigore interpretativo di Dave Brubeck o Thelonius Monk. Il trio raggiunge i vertici della popolarità con la travolgente e sfrontata versione di America (una canzone di Leonard Bernstein tratta da West Side Story), “squartata” sul palco a ritmo di rock e condita con il contorno della protesta antimilitarista contro la guerra in Vietnam (la bandiera americana bruciata in scena). - Cesare Rizzi


NICE - THE NICE (1969)

Il miglior disco dei Nice, in perfetto equilibrio tra progressive e tentazioni sinfoniche. - Cesare Rizzi


NICE - FIVE BRIDGES (1970)

NOVA - BLINK (1976)

NOVA - VIMANA (1976)

NUCLEUS - ELASTIC ROCK (1970) FOREVER YOUNG

NUCLEUS - WELL TALK ABOUT IT LATER (1971) FOREVER YOUNG

MIKE OLDFIELD - TUBULAR BELLS (1973)

ORME - AD GLORIAM (1969)

ORME - COLLAGE (1971)

ORME - FELONA E SORONA (1973)

ORME - CONTRAPPUNTI (1974)

ORME - SMOGMAGICA / CANZONE D’AMORE (1975)

ORME - VERITÀ NASCOSTE (1976)

ORME - STORIA O LEGGENDA (1977)

OSANNA - LUOMO (1971)


OSANNA - PRELUDIO TEMA VARIAZIONI CANZONA (MILANO CALIBRO 9) (1972)

Precursore nobile di un genere bistrattato dagli amanti del “dibattito” e del cinema jugoslavo, Milano Calibro 9 si avvale di un’eccellente colonna sonora realizzata in collaborazione tra la band partenopea e Luis Enriquez Bacalov, appena reduce dal Concerto Grosso Per I New Trolls. L’anima underground degli Osanna si tinge di colori sinfonici sul Preludio, drammatico tema orchestrale squarciato da una fuga progressive che combina Jethro Tull e King Crimson. Il flauto di Elio D’Anna, le chitarre di Danilo Rustici e la batteria di Massimo Guarino scuotono gli arrangiamenti del compositore argentino - Variazione I, III, VI, VII - per sottolineare una sceneggiatura agile, tesa, poco incline alla smancerie, influenzata dal clima sociale di quegli anni, sorretta dalla superba recitazione di Gastone Moschin e Mario Adorf e dalla presenza straordinaria di Lionel Stander, uno dei grandi caratteristi americani (Martin Balsam, Lee J. Cobb, Richard Conte, Henry Silva, John Saxon, James Whitmore etc.) che a fine carriera troveranno proprio in Italia allettanti, dignitose occasioni di lavoro. Se Milano Calibro 9 resta uno degli esempi migliori del filone “poliziottesco”, l’album degli Osanna completa una splendida trilogia discografica, insieme a L’Uomo e a Palepoli. - B.A.


OSANNA - PALEPOLI (1972)

Milano (Premiata Forneria Marconi), Roma (Banco del Mutuo Soccorso), Venezia (Orme), Genova (New Trolls), la provincia rossa degli Area … l’ampia ramificazione geografica del progressive in Italia dimostra quanto il genere fosse genuino e vitale. Insieme ai Napoli Centrale, gli Osanna sono stati i protagonisti più autorevoli della vivace scena partenopea. Esaminando il loro repertorio attraverso una discografia articolata e un organico mutevole, si evince che Palepoli ed El Tor sono gli episodi salienti di questa saga musicale ai piedi del Vesuvio.
Palepoli - Sebbene voce e testi non siano all’altezza di quanto espresso da personalità come Francesco Di Giacomo, Demetrio Stratos o Aldo Tagliapietra, tuttavia la finezza degli arrangiamenti e la caratura degli assoli donano spessore alle parti strumentali. Intercalati dai versi del cantante Lino Vairetti, sorretti dall’energia ritmica di Lello Brandi (basso elettrico) e Massimo Guarino (batteria), gli interventi di Elio D’Anna (flauto, sassofoni) e Danilo Rustici (chitarre, tastiere) fondono alcune atmosfere riconducibili ai King Crimson con suggestioni melodiche del Mar Mediterraneo, alternandole lungo le due lunghe suite (Oro Caldo, Animale Senza Respiro). Un pregevole esempio di musica underground fiera del proprio retroterra, italiano e meridionale. - B.A.


ALAN PARSONS PROJECT - TALES OF MISTERY AND IMAGINATION (1975)

ALAN PARSONS PROJECT - I ROBOT (1977)

ALAN PARSONS PROJECT - PYRAMID (1978)

ALAN PARSONS PROJECT - EVE (1979)

ALAN PARSONS PROJECT - THE TURN OF A FRIENDLY CARD (1980)

ALAN PARSONS PROJECT - EYE IN THE SKY (1982)


PATTO - PATTO (1970)

Classificabili come una specie di Free più scorbutici e underground, i Patto irrompono nella brulicante arena progressive del 1970 con una copertina degna di figurare accanto a quella di In The Court Of The Crimson King. Assunto come nome lo pseudonimo del cantante [Mike Patto (Michael Patrick McGrath)], schierato in organico un chitarrista straordinario (Ollie Halsall), il quartetto entra nella prestigiosa scuderia Vertigo proponendo uno stile sofferto, aspro, di lontana ispirazione rock-blues, refrattario a divagazioni sperimentali o melodiche. Abile anche con piano e vibrafono, amico e collaboratore di Kevin Ayers, dotato di una tecnica strumentale che scorre fluida tra ‘hard’ e jazz, Halsall incendia gli arrangiamenti con i propri infuocati fraseggi elettrici. Il missaggio privo di rifiniture e volutamente grezzo del produttore Muff Winwood genera un suono dolente, lacerato dalla voce cartavetrata del leader. Solida e arcigna la sezione ritmica composta da John Halsey (batteria) e Clive Griffiths (basso). Memorabile la lunga improvvisazione in trio di Money Bag. Superlativa la ristampa (CD e LP) della Comet. - B.A. / Cesare Rizzi


PATTO - HOLD YOUR FIRE (1971)

PAVLOV’S DOG - PAMPERED MENIAL (1975)

PAVLOV’S DOG - AT THE SOUND OF THE BELL (1976)

ANNETTE PEACOCK - X-DREAMS (1979)

ANNETTE PEACOCK - THE PERFECT RELEASE (1979)

ANNETTE PEACOCK - SKY-SKATING (1982)

PHOLAS DACTYLUS - CONCERTO DELLE MENTI (1973)

PICCHIO DAL POZZO - PICCHIO DAL POZZO (1976)

PICCHIO DAL POZZO - ABBIAMO TUTTI I SUOI PROBLEMI (1980)

PINK FLOYD - THE PIPER AT THE GATES OF DAWN (1967)

PINK FLOYD - A SAUCERFUL OF SECRETS (1968)

PINK FLOYD - RELICS (1971)

PINK FLOYD - UMMAGUMMA (1969)


PINK FLOYD - ATOM HEART MOTHER (1970) FOREVER YOUNG

L’ennesimo guizzo visionario dello studio Hipgnosis che, incapsulando in un fotogramma la bucolica mansuetudine di una mucca al pascolo, ha sintetizzato ideali pacifisti, surrealismo linguistico e umori psichedelici di fine anni '60 (è solo un’interpretazione: come tale potrebbe non avere alcuna attinenza con il reale significato della copertina). Profeti degli effetti speciali applicati alla musica e, insieme, allucinati cantori dell’alienazione, i Pink Floyd hanno realizzato con eguale spontaneità opere complesse al limite dell’esoterismo e brevi canzoni segnate da una grande immediatezza. Dopo i traguardi artistici raggiunti con Ummagumma, il quartetto continua a sperimentare. Benché dettata da precise esigenze espressive, la scelta di occupare l’intero lato di un Long Playing con una suite strumentale all’epoca sembrava ancora alquanto temeraria: divisa in sei parti, Atom Heart Mother è un’elaborazione concettualmente vicina al poema sinfonico a carattere epico, articolata attraverso l’imponente introduzione di Father’s Shout, le atmosfere pastorali di Breast Milky, le partiture corali di Mother Fore, lo “space funk” di Funky Dung, fino all’incedere rumoroso di Mind Your Throats Please e all’affannoso riflusso mnemonico di Remergence. L’orchestra arrangiata da Ron Geesin e le voci del John Aldiss Choir entrano in simbiosi con il “tradizionale” armamentario rock della band, creando un tessuto sonoro policromo e avvolgente: il risultato è un testo fondamentale del progressive, equiparabile a classici come Tarkus e Close To The Edge. L’ossessione che attraversa tutti i lavori di Roger Waters - Syd Barrett annullato dalla schizofrenia - si manifesta nella struggente ballata acustica If, con una preghiera esplicita: “If I go insane, please don’t put your wires in my brain”. Fat Old Sun è un invito a riconciliarsi con la natura, in cui David Gilmour immette la caratteristica indolenza “hippy” del periodo (peraltro fedelmente rappresentata dal look dell’autore). Il taciturno Wright firma Summer '68, titolo epocale che alterna melodia pop, risonanze “flower power”, trombe beatlesiane e una misteriosa figura femminile - Charlotte Pringle - che va a fare compagnia a Eleanor Rigby, Ruby Tuesday e Lady Jane. Il disco si chiude con la cronaca di un insolito risveglio - Alan’s Psychedelic Breakfast - raccontata con una sequenza di buffi dialoghi, rumori di fondo e temi rarefatti. A un esordiente che proponesse oggi la pubblicazione di questo album, qualunque impresario risponderebbe rotolandosi in terra per le risate. Il declino di una società si misura anche così. - B.A. / Giancarlo Nanni


PINK FLOYD - MEDDLE (1972)


PINK FLOYD - THE DARK SIDE OF THE MOON (1973) FOREVER YOUNG

Un adolescente tappato in camera. Dalla porta filtrano rumori sinistri: il rimbombo di un battito cardiaco, la risata angosciante di un pazzo, le pale rotanti di un elicottero, un urlo di terrore che gela il sangue … nella stanza irrompe sconvolta la madre del ragazzo. È scoppiata la III Guerra Mondiale? Sono atterrati gli alieni? No … almeno, non ancora. Semplicemente, un altro teenager ascoltava a volume sparato il prodigioso missaggio che apre The Dark Side Of The Moon. Quando la cortina sonora di Speak To Me si dirada, capiamo che si trattava solo di un disco. “IL” disco. Da più di trent’anni la stessa scena si ripete in milioni di case, nei paesi più diversi, e lo stupore si rinnova ogni volta. Tralasciamo i dettagli relativi a primati in classifica, vendite record e milioni guadagnati: ormai è stato detto tutto. Inoltre, i dati 'accessori' rischiano di far velo all’immenso valore artistico dell’opera. Usando il rock come Dante fece col 'volgare', quattro musicisti pressoché privi di immagine dipingono un affresco impietoso sulle contraddizioni della civiltà “progredita”, alzando il velo su un benessere che è solo materiale e che, non di rado, genera mostri. Quella descritta da Waters (inquieto autore di tutti i testi) è un’umanità braccata da orari frenetici, lavori alienanti, emozioni represse (On The Run; Time). L’arpeggio elettrico e la slide avanzano con la lentezza inesorabile del magma vulcanico, donando una scoraggiante ineluttabilità alle parole di Breathe: “… run rabbit run / dig that hole / forget the sun / and when at last the work is done / don’t sit down / it’s time to dig another one …”. Il vieto luogo comune secondo cui il denaro non comprerebbe la felicità riacquista un minimo di credito grazie al cinismo anti-retorico di Money, il cui ritmo funky-jazz è scandito dal famoso registratore di cassa che macina soldi in 7/4. Richard Wright si conferma in forma smagliante con due capolavori: The Great Gig In The Sky scivola dalle note sgocciolate del piano verso un diluvio gospel in cui l’ugola extra-terrestre di Clare Torry riversa un’ondata di dolore, giubilo, rabbia, orgasmo e, infine, pace; Us And Them attenua la durezza del tema affrontato - la guerra ... forse - con il calore di una ballad armonicamente sofisticata e scossa da impetuose eruzioni corali. Ottimo il contributo strumentale di Dick Parry (sax tenore). Lo spettro di Syd Barrett si riaffaccia sul finale: prima con Brain Damage, in cui il pigolio della chitarra somiglia al grido soffocato di qualcuno che chiede aiuto, poi con l’epilogo liberatorio di Eclipse. Tutto bene? Neanche per idea. Censura, omologazione, inquinamento, violenza … e una sottospecie di Napaloni spacciato per “statista”: converrete con noi che la realtà supera di gran lunga l’incubo dei Pink Floyd. - B.A.


PINK FLOYD - WISH YOU WERE HERE (1975) FOREVER YOUNG

PINK FLOYD - ANIMALS (1977) FOREVER YOUNG

Wish You Were Here - The Dark Side Of The Moon aveva provvisto i Pink Floyd di una popolarità e una considerazione fino ad allora godute solo dai Beatles, ma aveva anche accentuato i conflitti interiori di Roger Waters in merito alla penosa vicenda di Syd Barrett. Nelle quattro angoscianti note dell’introduzione a Shine On You Crazy Diamond c’è tutta l’ineluttabilità di un dramma che non contempla il lieto fine. Già magistralmente affrescato sull’epilogo Brain Damage / Eclipse (The Dark Side Of The Moon), quell’incolmabile vuoto emotivo ricorre lungo tutto l’album, diventandone il tema conduttore. Il contrasto tra il paranoico riff iniziale, la pigra andatura blues della suite, il maestoso coro gospel intonato insieme alle Blackberries (Venetta Fields, Carlena Williams), il dolente sax di Dick Parry traduce in musica l’insanabile frattura mentale tra il brillante giovane artista (… remember when you were young, you shone like the sun …) e il folle che gli subentra nello stesso corpo (…now there’s a look in your eyes, like black holes in the sky …). Nel suo saggio Rocking The Classics: English Progressive Rock And The Counterculture, Edward Macan annovera l’intero disco in un ideale poker d’assi dell’estetica progressive [insieme a Tarkus, Close To The Edge, Selling England By The Pound (Firth Of Fifth)]. Con i suoi alienanti effetti sonori, Welcome To The Machine approfondisce il solco del disagio rispetto a una società che omologa e annulla gli individui più sensibili. Presente in un’altra sala dello stesso edificio EMI a Abbey Road per le sedute del suo HQ, Roy Harper fu invitato a interpretare Have A Cigar, che l’autore Waters non riusciva a cantare in modo soddisfacente: memorabile il passaggio in cui Roy enuncia la frase dell’impresario inetto (… oh, by the way, which one’s Pink? …). La ballad quasi-country che dà il titolo all’opera leva un toccante peana a speranze e illusioni sconfitte dalla brutalità della vita (… so you think you can tell heaven from hell … blue skies from pain … a green field from a cold steel rail … a smile from a veil …), adottando ancora la schizofrenia del grande assente come straziante metafora esistenziale. Durante le registrazioni, mentre era in corso un party per il matrimonio di David Gilmour (5 Giugno 1975), si presentò in studio un misterioso personaggio - calvo e sovrappeso - che nessuno sembrava conoscere, qualcuno scattò anche una foto all’intruso: era Syd Barrett, o quel che ne rimaneva … cercate i dettagli dell’episodio in rete … la realtà supera sempre, e di gran lunga, la fantasia …
Animals - Accantonate le stupefacenti invenzioni audio dei due capitoli precedenti, il quartetto si ripropone come “normale” band alle prese con un concept, per quanto ponderoso: il disincanto maturato nei confronti della moderna società occidentale induce Roger Waters - artefice di quasi tutta la scaletta - a suddividere il genere umano in tre categorie (pecore, cani, maiali), tanto abiette quanto ripugnanti. Nessuno ne esce assolto. Le chitarre monopolizzano gli arrangiamenti, con lo stupendo prologo acustico di Pigs On The Wing che sfocia nell’implacabile arringa elettrica di Dogs (eseguita dal vivo già prima della versione definitiva e provvisoriamente intitolata You’ve Got To Be Crazy). I suini che razzolano nella melma - Pigs (Three Different Ones) - indirizzano un messaggio più che esplicito a Mary Whitehouse (equivalente britannico dell’italiana Paola Binetti), scelta come emblema di una classe politica meschina e depravata. In fondo alla scala sociale, il docile gregge di Sheep (dapprima nota come Raving And Drooling) vive alla giornata illudendosi che tutto vada a meraviglia (… harmlessly passing your time in the grassland away … only dimly aware of a certain unease in the air … what do you get for pretending the danger’s not real, meek and obedient you follow the leader …). Il convenzionale, eppure finissimo impiego degli strumenti, volto a creare un flusso ininterrotto di spasmi ritmici e intervalli sospesi, riconduce il combo a un’apollinea dimensione rock, esaltandone la statura espressiva rispetto alle effimere, inconsistenti mode dell’epoca (punk, febbre etc.). Per altro verso, la lucidità e l’immediatezza con cui è affrontato un argomento tanto impegnativo fanno di Animals il lavoro più sottovalutato dei Pink Floyd. Memorabile l’idea grafica della Hipgnosis, col celeberrimo Algie che plana sulle ciminiere della Battersea Power Station. - B.A.


PREMIATA FORNERIA MARCONI - STORIA DI UN MINUTO (1972)

PREMIATA FORNERIA MARCONI - PER UN AMICO (1972)


PREMIATA FORNERIA MARCONI - CHOCOLATE KINGS (1975)

ITALIAU.S.A.Diversamente dal solito, quando anche di fronte al paragone tra Pupo e Beethoven si sostiene un po’ a vanvera che “i gusti sono gusti”, nel caso in esame entrano effettivamente in gioco legittime, personali predilezioni e idiosincrasie. Pubblicato quasi fuori tempo massimo rispetto alla stagione progressive comunemente intesa (1969/1976), con punk e balere già all’opera per precipitare l’umanità nelle tenebre, inciso dalla formazione migliore tra quelle avvicendatesi nel corso degli anni, contraddistinto da musiche brillanti e da un’impeccabile fedeltà sonora, Chocolate Kings soffre la scelta di far cantare i testi inglesi a un italiano. Intendiamoci, Bernardo Lanzetti ha una voce magnifica, cui nulla manca rispetto ai palesi modelli di riferimento (Peter Gabriel, Roger Chapman) eccetto, appunto, la madrelingua; egli esibisce una pronuncia così affettata da pregiudicare la spontaneità della performance a scapito di parole che, pure, vanterebbero un qualche spessore lirico [soprattutto quelle curate da Marva Jan Marrow (From Under, Chocolate Kings)]. Il motore degli arrangiamenti è alimentato dal trio Mussida/Premoli/Di Cioccio, con la coppia Djivas/Pagani a supporto di scansione ritmica e rifiniture strumentali, un drappello di virtuosi ampiamente all’altezza delle più celebri compagini straniere (Yes, King Crimson, Emerson, Lake & Palmer, Gentle Giant, Genesis etc.). Le cinque composizioni (From Under, Chocolate Kings, Harlequin, Out On The Roundabout, Paper Charms) squadernano l’impressionante caratura tecnica del collettivo, apprezzabile nella vertiginosa alternanza di splendidi passaggi melodici, assoli sempre pregevoli, finissime sfumature timbriche … con un vocalist anglofono si sarebbe sfiorato il capolavoro. [P.S. - Nell’ambiente circola una teoria secondo cui, concepito per sfondare in America, il progetto discografico fu boicottato oltreoceano a causa della copertina irriverente e di alcune prese di posizione extra-musicali della PFM (critiche agli U.S.A., appoggio all’O.L.P.).] - B.A.


PREMIATA FORNERIA MARCONI - JET LAG (1977)


QUATERMASS - QUATERMASS (1970)

Sono una delle poche formazioni progressive prive di chitarra a proporre una musica originale ed equilibrata, priva sia degli eccessi strumentali dei “super-gruppi” sia delle abusate citazioni sinfoniche. È uno stile sorprendentemente brillante e personale, con alcune combinazioni tra il pop dei Nice e l’hard-rock dei Deep Purple, e una manciata di brani - Gemini, Black Sheep Of The Family, Make Up Your Mind, Good Lord Knows - in cui gli arrangiamenti fanno la differenza. Non a caso Robinson e Gustafson si faranno poi notare per i preziosi contributi come session-men (Shawn Phillips, Brand X, Roxy Music etc.). - Cesare Rizzi

Chi fosse ancora avido di sonorità progressive, avendo già raschiato il fondo dei 'classici' e anche dei 'precursori' (Nice, Atomic Rooster, King Crimson, Egg, Tomorrow etc.), troverà in questo album - ristampato a regola d’arte dalla Comet - la sua dose giornaliera di fughe strumentali, organo Hammond e titoli fantascientifici (Entropy; Gemini; Post War Saturday Echo). Che gusto! [P.S. - La Hipgnosis colpisce ancora: i minacciosi pterosauri che volteggiano tra due grattacieli sembrano un cupo presagio dell’11 Settembre 2001] - B.A.


QUIET SUN - MAINSTREAM (1975) FOREVER YOUNG

Rovistando tra i detriti spinti sui lidi rock dall’ondata progressive, può capitare di imbattersi in un relitto eccezionale come questo. Per il membro più illustre della formazione - Phil Manzanera - i Quiet Sun costituivano un’esperienza parallela alla carriera solista e all’impegno con i Roxy Music (cfr. l’analogo caso Phil Collins/Brand X). L’opportunità di sperimentare soluzioni inedite veniva condivisa con lo straordinario bassista Bill MacCormick (ex-Matching Mole), con il tastierista Dave Jarrett e con il batterista Charles Hayward. Collaboratori esterni, l’ingegnere del suono Rhett Davies e l’enigmatico manipolatore di idee Brian Eno. Più che sui consueti schemi espressivi cui allude ironicamente il titolo dell’album, gli arrangiamenti si basano sull’esposizione ciclica dei temi, entro cui le note subiscono un’incessante trattamento timbrico. Non mancano, tuttavia, apprezzabili spunti personali: Sol Caliente e Trot sono trainate, rispettivamente, dai convulsi riff di Manzanera (chitarra) e da un raffinato fraseggio di Jarrett (piano acustico). Introdotta da Trumpets With Motherhood - un’improvvisazione percussiva d’impronta 'free' - Bargain Classics si sviluppa attorno a un serrato interplay strumentale, che contrasta efficacemente con l’atmosfera sospesa della splendida R.F.D. - Nella classifica dei titoli più folli, Mummy Was An Asteroid, Daddy Was A Small Non-Stick Kitchen Utensil insidia il primato della farneticante All The Things You Could Be By Now If Sigmund Freud’s Wife Was Your Mother di Mingus (Charles Mingus Presents Charles Mingus), ma contiene anche un gustoso assolo di organo Farfisa. Sull’unico pezzo cantato - Rongwrong - la parte vocale eseguita da Hayward è apertamente ispirata allo stile canoro di Robert Wyatt. La ristampa CD è eccellente sotto il profilo tecnico (sebbene presenti alcune incongruenze rispetto alla ripartizione dei brani sul Long Playing), interessante per le note interne (che includono le recensioni entusiastiche della critica più avvertita e la documentazione degli ottusi rifiuti ricevuti da diverse case discografiche), imperdonabile per la scelta di restringere l’inquadratura della bellissima copertina (di cui riproponiamo la versione originale). - B.A.

 

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