Introduzione / Introduction
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THE VOICE OF MUSIC ... LA VOCE DELLA MUSICA
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PROGRESSIVE

C-F

CAMEL - MIRAGE (1974)

CAMEL - THE SNOW GOOSE (1975)

CAMEL - MOONMADNESS (1976)


CAMEL - RAIN DANCES (1977)

Come spesso è accaduto nel mondo del calcio, il reclutamento di un fuoriclasse nei momenti di difficoltà ha determinato, anche nel rock, spettacolari rinascite artistiche. Gli esempi più eclatanti sono quelli dei Doobie Brothers e dei Chicago che, con l’ingresso in formazione di Michael McDonald (1976) e Bill Champlin (1982) rispettivamente, colsero inaspettati e clamorosi successi. Nel caso dei Camel, con l’arrivo di Richard Sinclair il cerchio si chiude. Il grande bassista, oltre a vantare un prestigioso passato in due blasonate Canterbury-band (Caravan; Hatfield And The North), possedeva una delle più belle voci della scena inglese. Dopo l’abbandono di Doug Ferguson, Andrew Latimer dichiara: «we wanted to do more concise material, and we also wanted to get into jazzier areas». Le intenzioni del leader sono evidenti in tre pezzi strumentali: One Of These Days I’ll Get An Early Night, un simpatico funky-jazz che lascia spazio alle buone improvvisazioni di Bardens, Latimer e Mel Collins al sax, quest’ultimo divenuto ormai quasi membro effettivo del gruppo; First Light, apripista dell’album, un’orecchiabile melodia vicina alle vecchie atmosfere dei Camel; Skylines, un pezzo pìù orientato verso il nuovo corso, in cui si susseguono gli interventi solistici di sintetizzatore, chitarra e sax, ottimamente sorretti dalla premiata sezione ritmica Ward & Sinclair. Metrognome è introdotta dal lento ticchettìo di un metronomo e dalla voce di Richard Sinclair, e presto si risolve in una sostenuta fuga strumentale di impronta jazz-rock. Per chi non conoscesse lo stupendo timbro baritonale di Sinclair, Tell Me è un modo perfetto per cominciare: sublime. Highways Of The Sun è un ingenuo e goffo tentativo di scalare la hit-parade dei 45 giri. Unevensong è il gioiello del disco e, in assoluto, una delle migliori canzoni dei Camel (insieme a Breathless), con le sue continue interferenze ritmiche e una commovente melodia conclusiva cesellata dalla chitarra. - B.A.


CAMEL - BREATHLESS (1978)

Andrew Latimer alla chitarra, Peter Bardens alle tastiere, il raffinato Andy Ward alla batteria, Mel Collins ai fiati (arruolato come membro non ufficiale ma stabile) e Richard Sinclair al basso sono una delle più affiatate formazioni inglesi attive durante lo sventurato periodo di transizione dalla musica al punk. La grande coesione tra i cinque si avverte in tutto l’album, probabilmente il migliore dei Camel. Tra accattivanti pop-song (Wing And A Prayer; You Make Me Smile) e lussuose esecuzioni strumentali (Echoes; The Sleeper), il nuovo corso intrapreso coniuga in modo intelligente le reliquie del progressive con la naturale inclinazione fusion della band, senza disdegnare il gusto per la canzone di classe. «She is my first love ... old as the hills, young just like the rising sun over fields that lie away beneath her feet, everytime we meet she takes my breath away ...». Chi si sarebbe aspettato parole così romantiche nel disco di un gruppo abitualmente considerato progressivo? La voce di Sinclair è essenziale per fare di Breathless la più bella canzone dei Camel. Down On The Farm esalta le gioie della vita in fattoria, con tanto di versi animali e trattore rombante in sottofondo, e alterna un riff semi-hard a una canzoncina che ricorda alcune cose di Richard con i Caravan: un disc-jockey spiritoso (vallo a trovare) potrebbe trasmetterla in successione con l’omonimo brano dei Little Feat (1979). Summer Lightning è guidata dalla metronomica scansione ‘dance’ di Ward, ma convince lo stesso per l’interpretazione vocale di Sinclair e per un buon assolo di Latimer sulla dissolvenza finale. - B.A.


CAMEL - I CAN SEE YOUR HOUSE FROM HERE (1979)

CAMPO DI MARTE - CAMPO DI MARTE (1973)

CAPITOLO 6 - FRUTTI PER KAGUA (1972)

CARAVAN - IF I COULD DO IT ALL OVER AGAIN, I’D DO IT ALL OVER YOU (1970)


CARAVAN - IN THE LAND OF GREY AND PINK (1971) FOREVER YOUNG

Assieme ai Soft Machine, i Caravan sono considerati i capostipiti del rock di Canterbury, di cui hanno rappresentato a lungo la propaggine più melodica. Portavoce di un rock progressivo dalle tinte romantiche e di un neo-jazz estremamente morbido e calibrato, i Caravan hanno registrato album ricchi di una sensibilità lirica molto pronunciata, e di una freschissima duttilità negli arrangiamenti e nelle orchestrazioni. - G.E.R.

In The Land Of Grey And Pink contiene tutti gli elementi che hanno contraddistinto l’autonomia espressiva e l’originalità musicale del rock di Canterbury, anche nell’ambito del progressive: la sonorità ‘acida’ dell’organo di David Sinclair, le voci dissimili ma complementari di Richard Sinclair e Pye Hastings, l’avanzatissimo stile di una stupenda sezione ritmica (Richard Coughlan - batteria; Richard Sinclair - basso), i sobri interventi strumentali di Jimmy Hastings (flauto - sax tenore). L’ardito progetto di fondere orecchiabili melodie pop con improvvisazioni ispirate al jazz viene realizzato con naturalezza e spontaneità: quattro magnifiche canzoni, spiritosamente “alternative”, e un’emozionante suite di oltre 22 minuti (Nine Feet Underground), la cui totale aderenza alle aspirazioni e ai fermenti culturali dell’epoca rappresenta un’imprescindibile testimonianza storico-artistica. - B.A.


CARAVAN - WATERLOO LILY (1972)

CELESTE - PRINCIPE DI UN GIORNO (1976)

CENTIPEDE - SEPTOBER ENERGY (1971)

CERVELLO - MELOS (1973)


CITTÀ FRONTALE - EL TOR (1975)

Milano (Premiata Forneria Marconi), Roma (Banco del Mutuo Soccorso), Venezia (Orme), Genova (New Trolls), la provincia rossa degli Area … l’ampia ramificazione geografica del progressive in Italia dimostra quanto il genere fosse genuino e vitale. Insieme ai Napoli Centrale, gli Osanna sono stati i protagonisti più autorevoli della vivace scena partenopea. Esaminando il loro repertorio attraverso una discografia articolata e un organico mutevole, si evince che Palepoli ed El Tor sono gli episodi salienti di questa saga musicale ai piedi del Vesuvio.
El Tor - Tre anni dopo Palepoli, Lino Vairetti (voce) e Massimo Guarino (batteria) ripropongono il progetto degli Osanna cambiando nome e formazione: ai Città Frontale si aggregano Gianni Guarracino (chitarre), Paolo Raffone (tastiere) e i versatili Enzo Avitabile (sassofoni, flauto) e Rino Zurzolo (basso elettrico), il che aggiunge alla tipica dimensione espressiva del gruppo originario nuove sfumature folk e fusion. Che si tratti di occasione mancata o tesoro nascosto, dipende più che mai dal gusto personale. - B.A.


COLOSSEUM - VALENTYNE SUITE (1969)

CREATION - OUR MUSIC IS RED WITH PURPLE FLASHES (1966/1968)

CURVED AIR - AIR CONDITIONING (1970)

CURVED AIR - SECOND ALBUM (1971)

NICHOLAS D’AMATO / ROYAL SOCIETY - NULLIUS IN VERBA (2005)

LUCIO DALLA - IL GIORNO AVEVA CINQUE TESTE (1973)

LUCIO DALLA - ANIDRIDE SOLFOROSA (1975)

LUCIO DALLA - AUTOMOBILI (1976)

LUCIO DALLA - COME È PROFONDO IL MARE (1977)

DE DE LIND - IO NON SO DA DOVE VENGO E NON SO DOVE MAI ANDRÒ, UOMO È IL NOME CHE MI HAN DATO (1973)

DUELLO MADRE - DUELLO MADRE (1973)

EGG - EGG (1970)

EGG - THE POLITE FORCE (1970)


EMERSON, LAKE & PALMER - EMERSON, LAKE & PALMER (1970) FOREVER YOUNG

Dopo aver segnato in modo indelebile il rivoluzionario manifesto dei King Crimson (In The Court Of The Crimson King), la splendida voce di Greg Lake porta ancora fortuna a una formazione esordiente: sostituita la chitarra “anarchica” di Robert Fripp con le tastiere “accademiche” di Keith Emerson, Greg intona due ballate acustiche, serenamente in bilico tra folk inglese e umori West Coast (Take A Pebble; Lucky Man), e con il suo timbro pastoso lambisce gli spigoli aguzzi di Knife-Edge. Sul versante strumentale, alla bellicosa frenesia di The Barbarian si contrappone l’articolata complessità del trittico di Emerson ispirato al mito delle tre Parche (The Three Fates: Clotho/Lachesis/Atropos). Un discorso a parte merita Tank, capolavoro dell’album firmato da Keith e Carl. Il brano sia apre con una barocca improvvisazione di Emerson, al clavinet, cui segue la furiosa cavalcata solitaria di Palmer: una repentina “mutazione genetica” trasforma l’assolo in un’immane scudisciata elettronica, che serve a introdurre il glaciale tema conclusivo, guidato dai sintetizzatori. Proprio questo frammento finale fu utilizzato come sigla dal settimanale televisivo RAI dei primi anni Settanta, TV7. Altri tempi ... - B.A.


EMERSON, LAKE & PALMER - TARKUS (1971) FOREVER YOUNG

Ma scusate, in un Paese nel quale i servi di regime censurano la satira, i giornalisti scomodi vengono licenziati a calci in culo, il TG5 è gabellato come avamposto del pluralismo e la Sinistra preferisce Amato a Di Pietro, cosa c’è di strano se qualcuno cerca di consolarsi con un mito adolescenziale? Sì, proprio il caro vecchio Tarkus, ve lo ricordate? L’omonimo album di Emerson, Lake & Palmer metteva in musica la saga fantascientifica di un terribile armadillo cingolato e munito di artiglieria che, dopo aver abbattuto altri mostri bio-meccanici, viene sconfitto dal pungiglione di Manticore, unico essere “organico” che forse, proprio in quanto tale, riesce a prevalere sul cyborg. Nella copertina interna la storia è raccontata dalle belle illustrazioni di William Neal. Una teoria dell’epoca, bislacca ma intrigante, pretese di interpretare la sfida fra un animale originario delle Americhe e una creatura propria della mitologia orientale come metafora della guerra tra U.S.A (Tarkus) e Vietnam (Manticore). Nel suo autorevole libro (Rocking The Classics: English Progressive Rock And The Counterculture), Edward Macan sottopone Tarkus a una minuziosa, dotta esegesi, annoverando la suite tra i massimi esempi del “genere”, insieme a Close To The Edge (Close To The Edge) e Firth Of Fifth (Selling England By The Pound). Lungo i sette movimenti dell’opera - Eruption, Stones Of Years, Iconoclast, Mass, Manticore, Battlefield, Aquatarkus - i furiosi virtuosismi di Keith Emerson (tastiere) e Carl Palmer (batteria) stringono d’assedio gli interventi vocali di Greg Lake e i parchi fraseggi da questi dispensati con le chitarre artigianali Zemaitis, mentre in lontananza si odono echi di Bartók, Stravinsky, Holst, Ginastera e Mussorgsky. Col suo baritono limpido e virile, Greg si conferma uno dei cantanti più personali espressi dall’underground inglese, accanto a Richard Sinclair, Peter Hammill, Roger Chapman e Peter Gabriel. Gli arrangiamenti sono dominati dagli splendidi suoni che Emerson riusciva a produrre con organo e moog: in particolare, le note eruttate dall’Hammond hanno un attacco dinamico, percussivo, ottenuto esaltando il ‘click’ della pressione sui tasti con un amplificatore Marshall, usato in luogo del tradizionale Leslie rotante. Un pugno di eccellenti “canzoni” progressive aggiunge ulteriore lustro al disco: A Time And A Place e Bitches Crystal, grintose prove di coesione del trio; Jeremy Bender, spiritosa ballata da saloon concepita per il versatile piano di Keith; The Only Way (Hymn), solenne inno agnostico ispirato alla Toccata in Fa Maggiore (BWV 540) di Bach, che smentisce la presunta incompatibilità tra classica e rock; Infinite Space (Conclusion), fuga strumentale appoggiata a un tema “ostinato” su cui Emerson improvvisa sfasando il ritmo. Credeteci: c’è stato un tempo in cui Yes, King Crimson, Jethro Tull, Curved Air, Renaissance, Genesis, Family, Steeleye Span, Camel, Gentle Giant, Emerson, Lake & Palmer calcavano le stesse scene oggi monopolizzate da Tiziano Ferro e Carmen Consoli. I revisionisti, ovviamente, negano tutto. - B.A.


EMERSON, LAKE & PALMER - PICTURES AT AN EXHIBITION (1971)


EMERSON, LAKE & PALMER - TRILOGY (1973) FOREVER YOUNG

Poche chiacchiere: la definizione di super-gruppo, sebbene abusata e stantia, in questo caso è del tutto pertinente. Il lucido virtuosismo di Emerson, la voce carismatica di Lake, i muscoli e l’istinto di Palmer: un triangolo magico fatto di personalità fortissime, miracolosamente in equilibrio fra loro. Il primo album (Emerson, Lake & Palmer) produsse un clamoroso effetto sorpresa grazie a un linguaggio assolutamente inedito. Con Tarkus, il trio aveva scoperto una cura efficace contro la paralisi post-Beatles che affliggeva il mondo del rock nei primi anni '70. L’ardita rilettura in chiave progressive di Mussorgsky (Pictures At An Exhibition) ne aveva messo in luce la squisita e originale sensibilità di interpreti. Su Trilogy, ulteriori ritocchi formali definiscono un suono ormai maturo e codificato. Con le sfarzose orchestrazioni tastieristiche su The Endless Enigma (sublime la Fugue intermedia), il brillante arrangiamento di Hoedown di Aaron Copland, e l’elegantissimo assolo su From The Beginning, Keith Emerson si impose come il più creativo alchimista di suoni sintetizzati. Il marziale spartito di Abaddon’s Bolero tradiva ambizioni di compositore “colto” tutt’altro che velleitarie. Unanime, all’epoca, il parere degli appassionati su chi fosse il più grande batterista in circolazione: Carl Palmer, naturalmente. - B.A.


EMERSON, LAKE & PALMER - BRAIN SALAD SURGERY (1973) FOREVER YOUNG

Brain Salad Surgery sarebbe risultato l’ultimo grande album inciso da Emerson, Lake & Palmer, e il livello straordinario della musica acuisce il rammarico derivante da questa constatazione. Il talento visionario di Keith Emerson si esalta nell’arrangiamento sovversivo dell’ennesima composizione ‘classica’, in questo caso scritta da Alberto Ginastera (1st Piano Concerto - 4th Movement). Dalla materia inerte secreta dai sintetizzatori si leva una minacciosa Toccata percorsa da suoni sinistri, apocalittici, magistralmente orchestrati dal trio. Greg Lake interpreta con fervido trasporto Jerusalem, popolare inno religioso firmato da William Blake, e Still … You Turn Me On, splendida ballad acustica che ricalca il modello di From The Beginning (Trilogy). La ‘scena madre’ del disco arriva con Karn Evil 9, tipica suite di impronta progressive, divisa in tre lunghe sezioni: la prima (1st Impression) si articola in due movimenti dominati dall’organo, che slittano gradualmente da un clima foriero di cupi presagi a uno stato di crescente eccitazione (... Welcome back my friends to the show that never ends ...), fino al grandioso tema esposto dalla chitarra elettrica; la seconda parte (2nd Impression) è un’altra sfiancante escursione strumentale che evidenzia la formidabile sintonia tra Emerson e Palmer; il finale (3rd Impression) è contraddistinto da un immane crescendo epico che culmina in una melodia di atmosfera medievale riprodotta ‘artificialmente’. La copertina disegnata da H.R. Giger anticipa l’inquietante stile bio-meccanico con cui l’artista svizzero avrebbe concepito le terribili mascelle di Alien. - B.A.


EMERSON, LAKE & PALMER - WORKS VOLUME 1 (1977)

BRIAN ENO - BEFORE AND AFTER SCIENCE (1977)


TONI ESPOSITO - TONI ESPOSITO (ROSSO NAPOLETANO) (1975)

TONI ESPOSITO - PROCESSIONE SUL MARE (1976)

TONI ESPOSITO - GENTE DISTRATTA (1977)

TONI ESPOSITO - LA BANDA DEL SOLE (1978)

Insieme a un manipolo di illustri concittadini (Elio D’Anna, Alan Sorrenti, James Senese, Franco Del Prete, Pino Daniele etc.), Toni Esposito è stato artefice di quella svolta espressiva che, pur nel massimo rispetto di una tradizione nobile e secolare, cambiò profondamente la musica napoletana. I suoi primi quattro album sono ancora attualissimi e rappresentano uno dei più lucidi incroci tra generi, sia in ambito italiano che internazionale.
Toni Esposito (Rosso Napoletano) - Anche grazie alla presenza dell’arrangiatore Paul Buckmaster - conosciuto tramite la mutua amicizia con Shawn Phillips, all’epoca residente a Positano - l’esordio su etichetta Numero 1 è un superbo esempio di fusion mediterranea, suonata con perizia e ispirazione insieme a Gigi De Rienzo (basso, chitarre), Robert Fix (sassofoni), Mark Harris (piano elettrico), quest’ultimo elemento decisivo anche sul capolavoro dei Napoli Centrale (Napoli Centrale). La splendida suite Rosso Napoletano occupava l’intero lato “A” del Long Playing, procedendo per oltre diciotto minuti a sovrapporre le percussioni assortite di Esposito, gli accordi di Harris, il soprano di Fix. I rispettivi preludi “etnici” su Danza Dei Bottoni, Il Venditore Di Elastici e L’Eroe Di Plastica si sviluppano in altrettanti crescendo improntati all’improvvisazione. Esposito impeccabile anche alla batteria.
Processione Sul Mare - L’accorta produzione si deve ancora a Renato Marengo e Maria Laura Giulietti che, confermati Fix e De Rienzo, ampliano il personale a Stefano Sabatini (tastiere) e Francesco Bruno (chitarre). Mercato Di Stracci attinge suoni e colori ai Weather Report di Tale Spinnin’ e ai National Health di Of Queues And Cures, aggiungendovi i suggestivi effetti vocali di Lina Sastri per ricreare l’atmosfera dei bassifondi partenopei. Stimolata dalle spazzole del leader, la straordinaria caratura di Sabatini e Bruno brilla sulla breve ma intensa Bancarella, mentre il collettivo si esalta sulle oscillazioni ritmiche di Festa Sul Monte, La Partenza, Canzone D’Inverno, L’Alba Nei Quartieri, Processione Sul Mare.
Gente Distratta - L’organico subisce un nuovo avvicendamento e lo zoccolo duro composto da Esposito, Fix e De Rienzo viene rinforzato da Ernesto Vitolo (pianoforte, organo) e Karl Potter (congas), per una trama sonora sempre più fitta. All’epoca, il delizioso tema della title-track fu persino trasmesso con una certa regolarità dalla radio! Oltre a confezionare pregevoli interventi strumentali, i musicisti appongono le proprie firme in calce a tre magnifici brani: Session Man (Fix), Solchiaro (De Rienzo), Pastelli (Vitolo).
La Banda Del Sole - I fedelissimi (Fix, De Rienzo, Vitolo, Bruno, Potter) sfilano a turno nell’episodio che chiude la stagione più creativa del percussionista: in ossequio al titolo, il clima generale è più spensierato, edonista, radioso, né i crepitanti echi etnici inficiano l’alto livello dei pezzi migliori [Mugurrù, Hum Allah, Hum Allah, Hum Allah, Quartetto (Composizione Per Basso, Piano, Batteria E Pentole), Il Lungo Viaggio]. - B.A.


FAMILY - MUSIC IN A DOLL’S HOUSE (1968)


FAMILY - FAMILY ENTERTAINMENT (1969) FOREVER YOUNG

Weaver of life / let me look and see / the pattern of my life gone by / shown on your tapestry”. Il proemio di Weaver’s Answer è uno dei passaggi più inquietanti e memorabili del repertorio underground inglese. In un crescendo carico di pathos, Roger Chapman ricompone scrupolosamente i frammenti di una vita, chiedendone infine conto al Creatore. La dimensione espressiva dei Family era, almeno in quella fase, essenzialmente elettro-acustica: i sobri fiati di Jim King, le poliedriche chitarre di John Whitney, co-autore dei brani migliori, e l’incredibile voce di “Chappo”, che pareva cantare col filo spinato stretto al collo (Hung Up Down; Emotions). Suggestivi echi folk e uno spettacolare inciso ‘a cappella’ fanno brillare Observations From A Hill, gioiello che ad alcuni ricorderà le atmosfere di Stroll On, misconosciuto capolavoro di Steve Ashley. From Past Archives è una melodia di bellezza struggente, interpretata dal mattatore Chapman col suo registro più romantico e interrotta da una spiazzante fuga dixieland che ne travolge la solennità. Poco prima di seguire Winwood, Clapton e Baker nei Blind Faith, il bassista Ric Grech firma alcune belle canzoni: Face In The Cloud sprigiona una nube di effluvi psichedelici; Second Generation Woman insidia il delicato equilibrio degli arrangiamenti con un riff un po’ greve, che però isserà l’album al n° 6 delle classifiche inglesi; How-Hi-The-Li assume una vaga posizione anti-politica, citando genericamente personaggi e fatti dell’epoca. La coppia Chapman/Whitney torna protagonista su Dim, scanzonato ritratto di un “vitellone” a caccia di “pollastre”. L’ipnotico esotismo dello strumentale Summer ‘67 si collega al fiducioso spirito “Sixties” di Processions. I più avveduti cultori progressive sapranno apprezzare l’estrema raffinatezza del disco. [P.S. - Per ammissione dello stesso Chapman, la copertina traeva “spunto” dalla celebre scena circense di Strange Days (Doors).] - B.A.


FAMILY - A SONG FOR ME (1970)

PATRIZIO FARISELLI - ANTROPOFAGIA (1977)

FRED FRITH - GUITAR SOLOS (1974)

 

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